I sardi hanno fatto gli italiani del Nord. Ma i partiti snobbano gli astensionisti

I sardi hanno fatto gli italiani. Quelli del Nord. Può essere sintetizzato così, con un’iperbole, il risultato delle Europee nell’Isola dove la Lega, come nelle regioni del Settentrione, ha sbaragliato la concorrenza politica e chiuso la tornata elettorale da primo partito. Consegnando a uno sbiadito ricordo quel 42 per cento (e spiccioli) di consenso col quale a marzo 2018 gli M5s colorarono di giallo la Sardegna grazie al promesso reddito di cittadinanza.

Che Matteo Salvini, il ribattezzato capitano dai cittadini-tifosi, piacesse da queste parti, non è una novità. Durante tutta la campagna elettorale delle Regionali, il ministro-capo della Lega è sbarcato nell’Isola in continuazione riempendo ogni volta le piazze. Ma l’11,6 per cento raccolto lo scorso febbraio sembrava la soglia massima che il Carroccio potesse raccogliere alle urne. Invece col voto di domenica i ‘sardignoli’, per dirla alla Salvini, hanno deciso che il partito di Alberto da Giussano può difendere pure gli interessi di un’Isola che sino a qualche tempo era considerata dal vicepremier “un peso morto come tutto il Sud”.

Fatto sta che nel giro di cinque anni la Lega è passata dall’1,40 del 2014 al 27,57 messo a segno due giorni fa. In numeri assoluti sono 127.604 elettori in più, 127.604 sardi che soprattutto da Forza Italia (7,81%) e dal Movimento Cinque Stelle (25,70%) hanno deciso di emigrare verso ‘casa Salvini’. Premiato, a ben vedere, per il suo gridare contro “l’Europa delle banche e dei poteri forti”, quell’Ue che “ci costa ogni anno sei miliardi euro in più rispetto a quanto incassiamo”. Ma per inciso: i miliardi sono 2,2, perché a fronte dei 12 versati da Bruxelles ne tornano indietro 9,8.

Al netto di tutti i meme circolati in questi ultimi due giorni – il più cliccato ritrae Luigi Di Maio al Poetto con birra in mano e la scritta ‘È riuscito da solo a far arrivare Salvini al 34 per cento’ -, al ministro dell’Interno non si può riconoscere il merito di aver convinto i sardi che le nuove povertà sono colpa di Bruxelles, idem gli sbarchi di migranti. E quindi sarà la Commissione Ue a piegarsi alla Lega e non il contrario. È notizia di oggi che “l’Italia sforerà i vincoli di bilancio, l’austerity è finita ieri”, ha tuonato Salvini proprio nel giorno è data per certa l’apertura di una procedura d’infrazione contro l’Italia per la mancata riduzione del debito pubblico nazionale. A cui si aggiungono 23 miliardi di buco nei conti, da coprire presumibilmente con l’aumento dell’Iva.

La narrazione di Salvini somiglia sempre di più a quella che, con meno impatto mediatico (forse perché donna), recita da molto più tempo Giorgia Meloni, la leader degli Fdi col diritto a crogiolarsi dopo queste elezioni europee. I Fratelli d’Italia hanno rosicchiato un altro pezzetto di nuovo consenso arrivando al 6,24 per cento. Un passo allungato due volte, visto il 4,1 delle Politiche 2018 (media tra Camera e Senato) e il 4,72 incassato alle Regionali. Cornice perfetta, sostengono nel partito, per affrontare le Comunali di Cagliari, dove è un Fdi il candidato sindaco Paolo Truzzu.

Sul fronte opposto e per ragioni diverse può tornare a sorridere pure il Pd che addirittura ha vinto – per citare i Comuni più importanti – a Cagliari col 30,99 per cento e a Sassari col 27,75, galvanizzando i rispettivi candidati sindaco del centrosinistra, Francesca Ghirra e Mariano Brianda. Senza Matteo Renzi a fare l’uomo copertina del partito e col rassicurante Nicola Zingaretti líder máximo, i dem hanno cominciato a risalire la china anche in Sardegna conquistando un dignitoso 24,27 per cento. A una distanza di appena un punto e quattro decimi dagli M5s. Più lontana la Lega, avanti di oltre tre punti ma non irraggiungibile in quella che nel Pd considerano la nuova avanzata democratica.

Dispiace tuttavia che nessun partito si stia occupando degli 883.922 sardi che domenica non sono andati alle urne. Gli astensionisti. Una prateria da esplorare. Il 63,48 per cento degli aventi diritto. E basterebbe che una qualsiasi forza politica intercettasse anche solo la metà di quell’elettorato per diventare il primo partito dell’Isola. Poco ci manca che quegli 883.922 cittadini delusi – e forse così l’importanza di questa percentuale viene restituita in tutta la sua grandezza – valgano quanto i voti Lega, M5s e Pd messi insieme.

Auguri a tutti.

Alessandra Carta

 

 

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