Politiche, Regionali ed Europee. È questa la terna elettorale sarda degli ultimi quattordici mesi. Da marzo 2018 al voto di domenica sul nuovo Parlamento targato Ue. Nel mezzo la chiamata alle urne con la quale a fine febbraio l’Isola ha cambiato il presidente della Giunta e la maggioranza di governo. Dall’esame dei risultati si ricavano almeno tre tendenze. La prima è il consolidamento del tripolarismo accompagnato da un Movimento Cinque Stelle capace di grandi exploit ma anche di debacle repentine; il secondo dato è lo spostamento dell’elettorato a destra, col crollo dei partiti tradizionali della coalizione a vantaggio delle forze anti-sistema come Lega e Fratelli d’Italia; il terzo trend è la risalita lenta ma stabile del Pd.
Era il 4 marzo 2018 quando in Sardegna non sembrava esserci altro che l’M5s: i grillini guidati da Luigi Di Maio raccolsero il 42,49 alla Camera e il 42,15 al Senato vincendo tutte le sfide dirette nei collegi uninominali per Montecitorio e Palazzo Madama. Un cappotto senza appello. Alle urne per i due rami del Parlamento i Cinque Stelle incassarono rispettivamente 369.196 voti e 341.177. Undici mesi dopo, la flessione pesantissima: alle Regionali del 25 febbraio scorso gli M5s non sono andati oltre il 9,74 per cento: Francesco Desogus, il candidato presidente, ha portato a casa 85.342 preferenze, comunque superiori alle 69.573 raccolte dalla lista (il dato non è definitivo perché sul sito istituzionale della Regione non sono stati ancora caricati i risultati di quindici sezioni su 1.840). Alle Europee di domenica i Cinque Stelle hanno recuperato terreno rispetto al voto sardo di febbraio, ma restando lontanissimi dai numeri delle Politiche 2018: alle urne Ue il movimento ha raccolto 126.301 preferenze, un terzo rispetto a marzo dell’anno scorso, pari al 25,70 per cento.
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Sul fronte del centrodestra, il declino di Forza Italia non sembra conoscere pause. A marzo dell’anno scorso gli azzurri sardi viaggiavano ancora su un consenso a doppia cifra: 14,79 per cento alla Camera e 14,09 al Senato. In numeri assoluti 128.503 voti e 114.003 rispettivamente. Alle Regionali di febbraio il partito di Silvio Berlusconi non è andato oltre l’8,04 per cento raccogliendo 57.403 voti e diventando solo la terza forza della coalizione dopo Lega e Psd’Az. Alle urne delle Europee gli azzurri sono rimasti ai margini del gradimento: appena 38.389 preferenze, pari al 7,81.
Di segno opposto il trend della Lega che alle Politiche del 2018 ha cominciato a macinare nuovi elettori, inaugurando l’alleanza coi Quattro Mori: 10,79 per cento su Montecitorio (93.771 voti), 11,59 su Palazzo Madama (93.812). Allora la Sardegna fu una delle pochissime regioni italiane dove il Carroccio rimase dietro i berlusconiani. Il sorpasso avviene alle Regionali: la Lega di Matteo Salvini conquista il primato tra i partiti del centrodestra incassando 81.421 voti, l’11,40 per cento. Anche il Psd’Az scavalca Forza Italia e con 70.434 preferenze raggiunge il 9,86 per cento accompagnando alla vittoria Christian Solinas, il secondo presidente sardista dell’autonomismo sardo. Alle elezioni europee di domenica il Carroccio raggiunge il traguardo inimmaginabile, specie per un partito a cui il Meridione d’Italia era inviso: 27,57 per cento, pari a 135.496 voti.
Nel centrodestra sardo sono cresciuti stabilmente anche i Fratelli d’Italia: una risalta cominciata col 4,02 per cento raccolto alla Camera nel 2018 e il 4,29 al Senato (rispettivamente 34.963 preferenze e 34.722). Alle Regionali il partito di Giorgia Meloni ha consolidato il consenso, perdendo meno degli alleati in voti assoluti: urne chiuse a quota 33.716, il 4,72 per cento. Alle Europee di domenica gli Fdi si sono avvicinati a Forza Italia: 6,24 per cento, corrispondenti a 30.681 preferenze. Un numero inferiore alle Politiche, come per tutti gli altri partiti, vista l’astensione schizzata al 63,48 per cento: sono rimasti a casa 883.922 elettori sardi.
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Nei numeri delle ultime tre elezioni è scritta anche la nuova stagione del Pd, fatta di consenso in aumento dopo il buio dell’era Renzi, l’ex segretario del massimo storico alle Europee del 2014, ma anche la causa della peggiore ostilità verso il partito. Un’eredità che il Pd sardo ha cominciato a pagare alle Politiche del 2018, complici le guerre interne: 14,83 per cento alla Camera (128.884 voti) e 15,31 al Senato (123.887). Alle Regionali dello scorso febbraio i dem hanno chiuso la partita delle urne da prima forza politica isolana incassando 96.235 preferenze, pari al 13,47 per cento. La Lega, secondo partito, aveva superato di poco l’11 per cento. Col voto europeo di domenica il Pd è tornato ben sopra il 20 per cento: precisamente al 24,27 con 119.260 voti. I dem hanno raccolto più consenso di tutti anche a Cagliari e a Sassari. A fare la differenza la qualità della lista: Pietro Bartolo, il medico di Lampedusa, ha fatto il pieno di voti anche in Sardegna. Buono anche il successo personale di Andrea Soddu, il sindaco di Nuoro che ha sommato quasi 70mila preferenze, benché al momento sia fuori dal Parlamento europeo. A meno che Bartolo non opti per il collegio del Centro Italia, dove era ugualmente candidato, lasciando così il posto a Soddu nella circoscrizione delle due isole.
Alessandra Carta
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