Riforma sanità, l’Ares al posto dell’Ats: Solinas e Nieddu bocciati dai sindacati

La riforma della sanità, quella che deve cancellare l’Ats per sostituirla con l’Ares (dall’Azienda per la tutela della salute si passerà all’Azienda regionale della salute), non piace ai sindacati. Le sigle confederali hanno contestato il testo normativo nel corso dell’audizione in Consiglio regionale, precisamente nella commissione di settore presieduta da Domenico Gallus.

La soppressione dell’Ats, quell’Ats voluta dal centrosinistra di Francesco Pigliaru, è un cavallo di battaglia del centrodestra, a cominciare dal presidente Christian Solinas che sulla riforma dell’assistenza medica e ospedaliera in Sardegna aveva costruito parte della campagna elettorale (leggi qui). La commissione di via Roma sta esaminando in queste settimane il ddl della Giunta approvato a fine dicembre e che prevede lo schema delle otto vecchie Asl più le due aziende miste di Cagliari e Sassari, il Brotzu (sempre nel capoluogo con il Microcitemico e l’Oncologico accorpati) e l’Areus del 118 (leggi qui)

“La riforma – ha detto al termine dell’audizione Caterina Cocco, la delegata di Cgil – è carente nella parte socio-sanitaria, inoltre prevede deleghe molto ampie alla Giunta”. La sindacalista ha poi fatto notare che “non viene chiarito come l’esperienza negativa dell’Ats potrà essere superata, e soprattutto migliorata, con l’Ares”!. Per la Cisl c’era Francesco Piras, che ha detto: “Sulla riforma sarebbe stato preferibile un confronto a monte con le parti sociali. In ogni dire ‘no’ all’Ats e ‘sì’ al territorio non basta, se non si imbocca con decisione la strada di una riordino di sistema in tre direzioni principali: emergenza-urgenza, medicina territoriale e rete ospedaliera”. Per la segretaria generale della Uil, Francesca Ticca, “dal sistema sanitario regionale i sardi hanno diritto ad avere le stesse risposte che hanno  i cittadini di altre regioni, anche se sappiamo che non è così”.

Alla riunione ha partecipato anche Andrea Pirastu, presidente dell’Aios, l’associazione che raggruppa il maggior numero di strutture private operanti in Sardegna. Secondo Pirastu, i presidi privati vanno considerati a tutti gli effetti “parte” del sistema sanitario regionale. Nella fase dell’emergenza, ricorda il numero uno di Aios, “le nostre aziende hanno subìto un forte contraccolpo perché sulla base delle disposizioni del ministero della Salute sono state costrette ad interrompere l’attività di base e, in molti casi, ad anticipare la cassa integrazione per i dipendenti”. Per il rappresentante di Confindustria Sanità, Luca Moi, “la scelta di puntare su una sanità territoriale sarà vincente”. per il presidente dell’Ordine degli infermieri Pier Paolo Pateri, la parokla d’ordine deve essere solo una: “Portare le decisioni più vicino ai cittadini”.

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