L’intervento di Contu all’assembla di ProgReS: “E’ arrivato il nostro tempo”

 

Pubblichiamo il testo del discorso pronunciato durante l’assemblea di ProgReS (Progetu Repùblica) dal coordinatore nazionale Franco Contu.

Non é mai stato il nostro tempo e la domanda non è solo se al nostro interno ci sia o meno la persona che risponde ai requisiti morali ed etici, politici e strategici a catalizzare il consenso che giorno dopo giorno aspetta ancora e ancora l’occasione di poter esprimere una vera scelta di cambiamento.

Non è mai stato il nostro tempo e la domanda non è solo se all’interno del nostro progetto ci siano o meno le condizioni che ci diano un giorno la possibilità di convincere un elettorato stanco di essere considerato un semplice consumatore di democrazia.

Non è mai stato il nostro tempo e non dobbiamo solo chiederci se al nostro interno avremo la capacità di aprirci a tutti i sardi, non solo agli elettori possibilisti, ma a tutti coloro che per forza di cose dovranno percorrere assieme a tutti noi la strada verso un futuro più felice, più sano.

È arrivato il tempo di smetterla di pensare a noi stessi come ad un semplice partito o associazione, siamo il futuro che sceglie di essere qualcosa di diverso, siamo un popolo che sta decidendo di guardare al proprio interno, di guardare dentro ognuno di noi, dentro se stessi.

È arrivato quindi il tempo di guardare dentro noi stessi e parlare dritti al cuore e alla pancia delle nostre paure, dei nostri limiti, schiavi di un passato che non ha mai visto una prospettiva, figli di un terrorismo spietato, metodico, profondo come pozzo senza fondo, che ci ha solo abituati a pensarci incapaci di realizzarci, stanchi di sopravvivere.

Abbiamo un solo ed unico sbarramento da superare, uno sbarramento mentale, autodeterminato e per questo ancora più sottile, pericoloso e ignobile. Un freno tirato che aspetta di essere liberato, un bambino che vuole uscire a giocare perché agogna di prendersi dei rischi, di farsi male, cadere e rialzarsi e continuare a camminare con le proprie gambe.

È arrivato finalmente il tempo in cui le condizioni sono favorevoli sotto tanti e importanti punti di vista, quello sociale, quello umano, quello politico. Non ci sono altre domande a cui dobbiamo trovare una risposta, abbiamo di fronte a noi un elenco di cose da fare da qui ai prossimi 50 anni, e tante cose che dovremo lasciare intatte ai nostri figli rischiano di perdersi
per sempre.

Siamo ancora in tempo, siamo in un tempo a noi favorevole, siamo nel tempo esatto che scandiamo col battito dei nostri cuori, che pur non essendo unisoni, sono a tempo, seguono uno stesso ritmo a BPM diversi, ognuno con i suoi toni e sui accordi, tutti comunque liberi di scegliere un terreno comune su cui costruire una comune visione del mondo, un
interpretazione corale di un solo grido: Sardegna.

Ma non è più tempo delle sole grida, lanciate e lasciate nelle piazze della protesta che preparano il campo alla repressione democratica dell’apparato, di chi sente il dovere di difendersi, di arroccarsi sui propri interessi spicci. Mentre il popolo si accontenta degli striscioni, degli slogan da prima pagina e delle narrazioni che scrivono e dettano oltre mare.

E non basta più la sola proposta, la teorica dimostrazione di un mondo diverso. Dobbiamo essere l’esempio che stiamo aspettando, come lo aspettano nel resto del mondo. Dobbiamo diventare consumatori di felicità.

È il tempo per far vedere agli altri come essere felici in una terra di tutti. È il tempo di proseguire la marcia, di dare un senso all’impegno di questi anni, di dare concretezza alla passione che ci ha portato qui ancora una volta, in un posto diverso, con diverse facce che si ritrovano e si sorridono.

È il tempo di uscire dalla nostra isola, aprirci ai nostri fratelli, chiamarci uomini e donne, sentirci uniti non sotto una bandiera, non dietro ad un nome, un ideale, o una linea di principio. Uniti: uno di fianco all’altro, ognuno con la forza dell’altro. Non avremo altro tempo, non abbiamo più tempo. La scelta è fra il piombo e la terra, siamo noi quelli che hanno scelto la terra.

Franco Contu

 

 

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