Legge elettorale, fumata nera. Salta l’accordo tra Pd e Pdl

Finisce malissimo, in Consiglio regionale: la pace Pd-Pdl non regge. Bastano un pugno di ore – da mezzogiorno alle cinque del pomeriggio – per strappare il canovaccio dell’intesa che democratici e berlusconiani dicevano di aver costruito. A questo punto la bozza della nuova legge elettorale torna in commissione Autonomia e Riforme, già convocata per domattina alla dieci. Un segno, questo, che sulla carta fa il paio con la voglia di chiudere in fretta la partita. Ma a sentire i capigruppo delle due forze leader, le rasoiate a distanza non mancano.

LA ROTTURA. Dunque, Cagliari non è come Roma. In Consiglio regionale Pd e Pdl rompono l’accordo. Anzi: scelgono d’improvviso di andare alla guerra. La rottura arriva con una marcia indietro dei democratici che, sotto il pressing della galassia sovranista e indipendentista, quindi dei partiti più piccoli, congela lo sbarramento del dieci per cento per le coalizioni (in termini di voti sarebbero 90 mila, più o meno). Il capogruppo Giampaolo Diana chiarisce: «Noi non l’abbiamo mai voluto. Siamo disposti ad accettarlo, solo se è necessario per raggiungere il voto unanime in Aula. Di certo, restiamo contrari a qualsiasi altro tipo di soglia, sia per i partiti alleati (tre per cento nell’ipotesi iniziale) che per quanti decidono di correre da soli (cinque per cento)».

LA NOVITA’. La capovolta Pd porta in dote un nuovo scenario. «Noi democratici – spiega Diana – pensiamo che la migliore soluzione sia riconoscere un premio di maggioranza alla coalizione che vince». Ovvero, una quota fissa di seggi «pari al 60 per cento nel caso in cui si superi il 40 di consensi, o del 55 per cento quando si sta sotto». Diana rassicura: «Solo in questo modo si garantisce alla Sardegna stabilità di governo».

PASSO INDIETRO. In Aula è stato Daniele Cocco (Sel) a chiedere che la bozza di legge elettorale torni in commissione. «È uno sforzo da fare nell’interesse di tutti», si è rivolto al presidente Claudia Lombardo. A destra e a sinistra si sono accodati. Seduta finita in un’ora (compresi cinquanta minuti di pausa). La discussione ricomincia domani alle 10. Intanto Pietro Pittalis, capogruppo pidiellino, appunta: «È giusto che una legge così importante venga varata all’unanimità. Poi, certo, se la minoranza vuole una proposta diversa della nostra, si andrà alla conta». Pittalis non rinuncia al fioretto: «Il premio di maggioranza non è un’idea nostra ma del Pd».

IN BILICO. Col l’epilogo di questo pomeriggio, viene spedito in freezer tutto il lavoro della commissione Autonomia, fatto di infiniti taglia e cuci. Non solo: non è più detto che a febbraio 2014 si vada a votare con la nuova elettorale. Se così fosse l’unica novità sarebbe la riduzione dei consiglieri da 80 a 60. Attualmente, i seggi vengono distribuiti partendo dal listino da sedici (presidente compreso). Poi, in base alle preferenze raccolte in ciascuno degli otto collegi regionali, si dividono gli scranni che restano (addirittura fino a un massimo di 104). Il taglio a 60, invece, riduce a dodici il listino. Ma più ancora: gli altri seggi da ripartire sarebbero giusto 48, col rischio reale di non garantire una solida maggioranza di governo.

DOPPIA PREFERNZA. Adesso che lo scacchiere si è ribaltato all’improvviso, scivola in secondo piano la rappresentanza di genere. Pittalis, stamattina, ha buttato nell’arena una novità: «Noi ci stiamo, se però si rispetta l’equilibrio anche nelle liste, candidando un cinquanta per cento di uomini e altrettante donne». Nessuno, ancora, a sinistra, sul tema, ha detto qualcosa. Le repliche sono tutte in quota centrodestra. Matteo Sanna (Fratelli d’Italia) è pronto a votare la doppia preferenza: «Mi sembra una grande conquista». Ma Mariano Contu (Pdl), assessore al Lavoro, sbarra la strada: «Il consenso bisogna cercarlo nel popolo, sono contrario alle corsie preferenziali».

Intanto il Coordinamento per la democrazia paritaria e partecipata “esprime forte preoccupazione per il protrarsi dei tempi per la discussione della nuova Legge elettorale. In particolare, con il ricorso in Consiglio Regionale al voto segreto, si paventa il rischio di insabbiamento del principio della doppia preferenza di genere, principio acquisito con legge dello Stato per i Comuni. Tale richiesta è sostenuta da un ampio schieramento di donne di ogni orientamento politico e istituzionale, nonché da prestigiose personalità del mondo della cultura, dell’economia e della società civile. Pertanto, il Coordinamento richiama elettrici ed elettori a vigilare affinché la legge elettorale venga approvata in tempi utili e garantisca un risultato elettorale in linea con la Costituzione”. Sul tema, pochi giorni fa a Serdiana si è tenuto un partecipato dibattito durante il quale è intervenuta anche la consigliera regionale di parità Laura Immacolata Moro.

Alessandra Carta

 

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