La Sardegna rischia un anno (senza pausa) di campagna elettorale

La Sardegna rischia di andare incontro alla campagna elettorale più lunga della sua storia, con la tripletta formata Comunali, Politiche bis e Regionali. Tutto nell’arco di nove mesi, da qui a febbraio 2019. L’ipotesi è una conseguenza di quando sta avvenendo a Roma, dove è sempre più probabile che il Parlamento eletto lo scorso 4 marzo non arrivi a Natale.

Sul ritorno alle urne per le Politiche, ormai sembra essersene fatto una ragione pure il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che oggi ha nuovamente riunito al Quirinale i partiti e a venire fuori è stata un’altra fumata nera: per bene che vada, cioè nel caso in cui passi il cosiddetto ‘Governo neutro’ per approvare la nuova legge di stabilità, si voterebbe in autunno. Che vuol dire dicembre. Diversamente le urne si potrebbero riaprire già a luglio, precisamente l’8, ovvero un mese esatto dopo le Comunali 2018.

In Sardegna il cerchio elettorale si chiuderebbe solo a febbraio 2019, con le Regionali che potrebbero tenersi anche a marzo (la proroga di un mese è prevista dalla legge). Comunque a chiudere una campagna del voto che si preannuncia lunghissima e sfiancante, visti i toni sempre più accesi coi quali i partiti si rivolgono ai cittadini.

La durata brevissima della legislatura appena cominciata in Parlamento, ovvio che sta lasciando col fiato sospeso i deputati e i senatori insediati da un mese. Non fosse altro che la fortuna di essere stati eletti potrebbe non ripetersi per tutti. Non solo: il problema si pone anche prima e riguarda il passaggio precedente, ovvero le candidature: non è detto che i nomi siano gli stessi.

Gavino Manca, uno dei tre democratici che il 4 marzo hanno conquistato un seggio in Parlamento, dice: “Personalmente considero irresponsabile che i partiti usciti vincitori dalle Politiche non diano un governo al Paese. Ma se la fine anticipata della legislatura sarà inevitabile, il Pd, col solito senso di responsabilità che contraddistingue il partito, farà una nuova campagna elettorale per spiegare progetti e obiettivi”.

Pino Cabras, deputato M5s eletto nel Sulcis (è stato uno dei ‘sardi famosi‘), sottolinea: “Tornare al voto dopo pochi mesi sarebbe una situazione anomala. Ma tale è stata anche la legge elettorale che ha consegnato il Paese all’ingovernabilità, e si tratta di uno scenario ampiamente prevedibile prima del 4 marzo. Tuttavia, tornare alle urne con il Rosatellum può, per un verso, facilitare la semplificazione del quadro politico, portando a una polarizzazione che a, questo punto, è nell’ordine delle cose”.

Anche Pietro Pittalis, entrato alla Camera in quota Forza Italia, riflette sul Rosatellum: “Non fa sperare nulla di buono una nuova chiamata al voto degli italiani senza cambiare la legge elettorale o, quantomeno, senza correggerla. Tuttavia, l’attuale muro contro muro tra i partiti non può andare avanti per troppo tempo, perché fuori dal Parlamento c’è un Paese che aspetta risposte. C’è la necessità di evitare l’aumento dell’Iva, bisogna dare soluzioni all’emergenza lavoro e alla precariato, così come alle competitività delle imprese”.

Modificare la legge elettorale non è impossibile sulla carta. Ma la proposta di dare un premio di maggioranza alla lista incontra i favori di Lega e M5s, ma non quelli di Forza Italia e Pd. Il partito di Salvini e i Cinque Stelle guidati da Di Maio hanno tutto da guadagnarci da un’ipotesi di questo tipo, essendo rispettivamente la forza leader del centrodestra e quella preferita dagli italiani. Ma è facile che i berlusconiani si mettano di traverso, perché subirebbero lo strapotere dei leghisti. Il Pd, per un altro verso, non avrebbe nulla da guadagnarci, visto che sta attraversando il suo migliore momento politico, in termini di gradimento elettorale e di consenso.

Al. Car.
(@alessacart on Twitter)

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