Italicum Renzi-Berlusconi, i senatori Lai, Cucca e Manconi tra i 29 dissidenti Pd

Silvio Lai, Giuseppe Luigi Cucca e Luigi Manconi figurano nella lista dei 29 senatori Pd che in Aula vogliono bocciare l’Italicum.

Ci sono anche Silvio Lai, Giuseppe Luigi Cucca e Luigi Manconi tra i 29 senatori Pd pronti ad affossare in Aula l’Italiacum targato Renzi-Berlusconi, ovvero la nuova legge elettorale venuta fuori col ribattezzato Patto del Nazareno. Ma nella lista degli oppositori figura pure Nerina Dirindin, l’assessore alla Sanità nella giunta Soru eletta in Piemonte.

Dunque, i senatori sardi Lai, Cucca e Manconi non si sono allineati con il loro premier-segretario. La spaccatura è venuta fuori nell’assemblea Pd che Matteo Renzi ha convocato oggi a Palazzo Madama, vigilia dell’esame dell’Italicum in Aula (si comincia alle 9,30). Il capo del Governo, dal canto suo, ha minimizzato la posizione dei dissidenti e detto anzi di essere “soddisfatto” per l’esito del vertice interno. Alla conta finale, 71 senatori democratici appoggiano Renzi, a fronte dei 29 dissidenti guidati da Michele Gotor.

A dividere il Pd a Palazzo Madama è soprattutto il meccanismo dei capilista bloccati. Secondo il testo del Governo, accordato appunto con Berlusconi, sarebbe formato da nominati il 60 per cento dei deputati eletti col partito leader della coalizione vincente, visto che la posizione in lista viene decisa dai partiti. Per i 29 dissidenti si tratta di una percentuale troppo alta, da abbassare al 30. Questo per marcare il valore delle preferenze che rischia di essere vanificato da quello schema troppo rigido, alla fine con poche differenze rispetto al Porcellum.

Al Senato il voto sull’Italicum è previsto per la prossima settimana e al momento non si registrano passi indietro né dal fronte dei dissidenti né da quello renziano. Anzi: il ministro per le Riforme, Maria Elena Boschi, sostiene che il Pd abbia i numeri anche senza gli oppositori interni.

Da quando si è formato l’asse Renzi-Berlusconi, l’Italicum è stato più volte ritoccato. Intanto il premio di maggioranza è stato aumentato dal 37 al 40 per cento e non va alla coalizione, ma al partito leader. Ancora: la soglia di sbarramento che dà diritto a un seggio al Senato non è più all’8 per cento ma al 3, per le forze che si presentano da sole.

Al. Car.
(@alessacart on Twitter)

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