Irpef, il centrodestra: “Marcia indietro dopo rivolta”. La Cisl: “Da Giunta segnale di apertura al dialogo”

La decisione della Giunta di congelare l’aumento dell’addizionale Irap e Irpef per il 2016 viene accolta positivamente dal mondo sindacale e imprenditoriale sardo. Mentre l’opposizione esulta, intestandosi la vittoria e parlando esplicitamente di passo indietro dovuto alle proteste sull’innalzamento delle tasse. Di diverso avviso Oriana Putzolu, segretaria generale della Cisl sarda: “Il ripensamento dell’Esecutivo sugli aumenti Irpef e Irap non è un segno di debolezza, ma rappresenta un atteso segnale di disponibilità al dialogo sul quale costruire altri importanti accordi nel futuro, soprattutto sul fronte delle politiche del lavoro e per l’occupazione”. “Un provvedimento opportuno – prosegue Putzolu – condiviso fin da subito dalla commissione Bilancio del Consiglio regionale che ha trovato nella riduzione della quota degli accantonamenti obbligatori per legge i fondi da destinare a coprire, almeno per quest’anno, il deficit della sanità – aggiunge – La Cisl da subito ha considerato inaccettabile che la Giunta rinunciasse a ricercare nelle pieghe del bilancio, in particolare tra sprechi, ritardi, privilegi, le risorse mancanti a confermare servizi essenziali sanitari”.

Prudente il commento di Agostino Cicalò, presidente di Confcommercio Sardegna: “Siamo soddisfatti del congelamento per il 2016 degli aumenti delle addizionali regionali Irpef e Irap annunciato oggi dalla Giunta e dalla maggioranza di centrosinistra, ma non si può continuare a programmare gli investimenti delle aziende in questo modo, senza avere certezza di quello che succederà di anno in anno. L’eliminazione dell’aumento della tassazione deve diventare l’auspicio per il 2017 in conseguenza del fatto che si deve ridisegnare il bilancio regionale, rendendo definitivo e stabile l’assetto fiscale e, ove possibile, ridurlo, come sta facendo il Governo in ambito nazionale – aggiunge Cicalò – capiamo che non sia facile realizzare l’equilibrio di bilancio ma occorre dare certezze a chi investe o vuole venire ad investire in Sardegna. Inoltre occorre dare un’attenzione particolare sulla modulazione della spesa pubblica, trovando il modo di orientare le risorse verso lo sviluppo economico”.

L’opposizione. “Avevamo ragione noi: l’aumento delle tasse non era inevitabile, serviva a coprire un errore di bilancio (la Giunta non aveva stanziato fondi sufficienti) e non la spesa sanitaria ed era gravemente illegittimo”, così Ugo Cappellacci, coordinatore regionale di Forza Italia. “Altro che trattato di Paci, la Giunta si è dovuta arrendere all’evidenza di un provvedimento iniquo, illegittimo, ingiustificato e fare marcia indietro – commenta Pietro Pittalis, capogruppo di Fi in Consiglio regionale -. Verificheremo ora la sincerità della volontà espressa oggi e vigileremo contro nuove sorprese da parte di un esecutivo che un giorno dice una cosa e il giorno dopo ne fa un’altra”. “Una brusca retromarcia da parte di una giunta che si era infilata in un vicolo cieco – aggiunge la vice capogruppo di Fi in Consiglio regionale, Alessandra Zedda -. Ora si riprenda da dove abbiamo lasciato noi: dall’abbassamento dell’Irap, dalla battaglia sulle accise e per una vera fiscalità di vantaggio”. “L’idea di cominciare il domani con il secondo aumento delle tasse in due anni era una follia da tecnocrati, che deve essere cestinata una volta per tutte – osserva il consigliere regionale Fi, Ignazio Locci -. Spiace che solo la prospettiva, tutt’altro che remota, di un ricorso del Governo abbia indotto ad un ripensamento una Giunta regionale sorda ai suggerimenti dell’opposizione, delle associazioni di categoria e degli enti locali”.

“Come preannunciato, dopo la rivolta dei cittadini, degli imprenditori e degli artigiani che minacciava di travolgerla, questa Giunta debole e succube di Roma ha fatto marcia indietro sull’aumento delle tasse. Hanno fatto una figuraccia per nulla: era possibile sin da subito evitare nuove tasse”, così i Riformatori commentano la decisione della Giunta. Il coordinatore regionale del partito, Michele Cossa, il capogruppo in Consiglio regionale, Attilio Dedoni, il consigliere regionale, Luigi Crisponi ed il responsabile del Centro Studi del partito, Franco Meloni attaccano l’assessore Paci e il presidente della commissione Bilancio Sabatini “che si attorcigliano fantozzianamente le lingue nelle convulsioni necessarie a spiegare quella che è semplicemente una retromarcia clamorosa, ma la verità è chiara: l’aumento della spesa sanitaria è minimo e se non c’era bisogno di nuove tasse ieri non c’e n’è neppure oggi”. I Riformatori ribadiscono inoltre che “l’aumento dell’Irpef era impostato in modo tale da dare un gettito irrisorio alle casse della Regione e un umiliante obolo agli 800.000 sardi più poveri. E questa è la vera ragione della marcia indietro: il gettito era sotto i venti milioni per cui la rinuncia è stata facile. Un’ennesima figura barbina di questi dilettanti allo sbaraglio che, purtroppo allo sbaraglio stanno conducendo la Sardegna”.

“Pigliaru e Paci riportati sulla buona strada anche dalle cinquemila firme di cittadini sardi, raccolte da FdI contro gli aumenti Irap e Irpef”, così Paolo Truzzu e Gianni Lampis, consiglieri regionali di Fratelli d’Italia-An, che auspicano che “sia confermata anche per il biennio successivo e si arrivi così al completo annullamento del famigerato provvedimento”. “Da subito abbiamo contestato la scelta dell’assessore Paci – afferma Truzzu – non servivano, d’altronde, i professori prestati alla politica per decidere l’aumento delle tasse come unica soluzione ai buchi in bilancio. È invece servita loro la lezione di umiltà ricevuta dai tanti cittadini che ai nostri banchetti hanno firmato contro gli inutili balzelli imposti dal centrosinistra”. “Ci fa piacere che la Giunta dei professori abbia recepito la lezione arrivata dalla gente e fatto retromarcia – aggiunge Lampis – revocando un provvedimento tappabuchi che era controproducente, perché aggravava la condizione socio-economica di famiglie e imprese, e ingiusto, perché scaricava sui soliti noti, aziende, dipendenti e pensionati, le colpe del cattiva gestione della cosa pubblica”.

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