La Consulta dà ragione alla Giunta: “Roma restituirà ai sardi 285 milioni”

La Sardegna riavrà indietro, perché non dovuti, i 285,3 milioni chiesti da Roma a copertura del debito pubblico nazionale, i cosiddetti accantonamenti. È questo il primo della sentenza emessa dalla Corte Costituzionale che ha dato ragione al ricorso voluto dal presidente Francesco Pigliaru e dall’assessore alla Programmazione, Raffaele Paci. Sono stati proprio il capo della Giunta e il vice a fare questo pomeriggio il punto, anche dei conti, in una conferenza stampa convocata a Villa Devoto. Ad accompagnare la prima e la seconda carica dell’Esecutivo la direttrice generale del Bilancio, Marcella Marchioni, e il consulente Nicola Pusceddu.

Era febbraio 2018 quando Pigliaru e Paci hanno dato ordine all’ufficio legale di opporsi alla Legge di stabilità nazionale scritta dall’allora governo Gentiloni e approvata dal Parlamento a fine 2017, con validità sul 2018. Per l’Isola il documento contabile prevedeva una quota di accantonamenti pari a 535,6 milioni. “Troppi”, hanno sempre ripetuto Pigliaru e Paci. Adesso c’è il verdetto della Consulta a certificare quella presa di posizione. “Una sentenza che ha una portata storica – hanno spiegato il governatore e l’assessore -. I giudici costituzionali, come da anni andavamo dicendo, hanno stabilito che lo Stato ha scambiato la ragione erariale (cioè il diritto di chiedere alle regioni di concorrere alla spesa pubblica) per un principio tiranno”.

La Consulta hanno fissato tempi certi e precisi sulla restituzione delle somme non dovute: i 285 milioni dovranno essere resi alla Sardegna entro “l’anno finanziario corrente”, ovvero il 31 gennaio 2019. “Non conteremo i giorni – sottolineano Pigliaru e Paci -, siamo pronti a concordare una tabella di marcia. Ma non faremo senza sconti. Le risorse andranno restituite sino all’ultimo centesimo perché sono un pezzo dell’Irpef pagato dai sardi per garantire servizi e di cui lo Stato si stava invece appropriando in maniera indebita”.

Lunedì 14 Pigliaru scriverà al premier Giuseppe Conte, al quale sono già state mandate sette lettere proprio per riprendere la trattativa sugli accantonamenti. Un confronto cominciato nel 2017 col governo Gentiloni, ma finito su un binario morto. Stava succedendo lo stesso con l’Esecutivo giallo-verde, tanto che Roma avevano parlato di “soldi invece dovuti” in risposta a una delle lettere di Pigliaru. Tutto ribaltato dai giudici costituzionali che una sottolineatura l’hanno fatta anche sulla Legge di stabilità approvata dal governo Conte: alla Sardegna hanno chiesto una identica somma, pari a 535,6 milioni e ugualmente illegittima. Quindi da rivedere.

Materialmente quei 285 milioni a valere sul 2018 torneranno nella disponibilità del bilancio regionale per investimenti. Nella Finanziaria sarda del 2019, approvata a fine novembre dal Consiglio su proposta della Giunta, la voce accantonamenti vale infatti 250 milioni e non 535,6. “Perché certi della giustezza della nostra rivendicazione – spiegano ancora Pigliaru e Paci -, avevamo annunciato che non eravamo disposti a sottrarre ai sardi somme non dovute. Tuttavia non essendo imprudenti le abbiamo congelate, cioè non assegnate ad alcun capito di spesa. Proprio in attesa della sentenza che ci ha dato ragione”.

Da quest’anno, come scritto nella sentenza della Consulta, per calcolare gli accantonamenti che Roma può chiedere alla Sardegna, si dovranno rispettare cinque principi. Messi nero su bianco dai giudici: “La dimensione della finanza regionale rispetto a quella pubblica; le funzioni effettivamente esercitate (dallo Stato) e relativi oneri; gli svantaggi strutturali permanenti, i costi dell’insularità e i livelli di reddito pro capite; il valore medio dei contributi (da parte delle Regioni); il finanziamenti dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali”.

I cinque punti valgono l’accoglimento, su tutta la linea, della posizione espressa nel ricorso della giunta Pigliaru. La quale ha sempre accompagnato la rivendicazione sugli accantonamenti con il Dossier Insularità, una quantificazione delle spese che la condizione geografica della Sardegna comporta. Stando alla sentenza della Consulta, non potrà più succederà che alla nostra Isola vengano chiesti oltre 500 milioni di accantonamenti, visto che a totale carico del bilancio regionale ci sono anche i trasporti e la sanità. Basti pensare che la Sicilia versa un miliardo, ma ha una popolazione quasi quattro volte superiore a quella sarda e paga con proprie risorse solo il 60 per cento dell’assistenza ospedaliera (il resto è a carico dello Stato).

Il presidente e il vice della Giunta non nascondono, a domanda precisa, la soddisfazione di chiudere la legislatura con una sentenza che può essere considerata la cifra dell’interno mandato. “Lasciamo la casa Sardegna coi conti in ordine, siamo molto orgogliosi”, ha sottolineato Pigliaru. Dal 2012, anno in cui gli accantonamenti sono stati istituzionalizzati, la Regione ha versato 3,3 miliardi. E per quattro volte ha impugnato le Leggi di stabilità nazionali. Relative a 2015, 2016, 2017 e 2018. “Mai come questa volta, però, la difesa dei giudici costituzionali è stata netta. Come se la misura fosse colma rispetto a una sistematica prevaricazione da parte dello Stato”, ha chiuso Paci.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

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