Cagliari unica città metropolitana, Deriu (Pd): “Polarizzazione rischiosa”

Intervista a Roberto Deriu, vicecapogruppo Pd in Consiglio regionale nonché componente della commissione Riforme.

“Polarizzare l’area metropolitana nel solo Sud Sardegna rischia di consegnarci una Regione che, ad eccezione di Cagliari, può apparire come una grande comunità rurale: per questo bisogna fare lo sforzo di riconoscere anche le altre realtà urbane”. Roberto Deriu, vicecapogruppo Pd in Consiglio regionale nonché componente della commissione Riforme, lo dice in premessa in riferimento alla guerra scoppiata nel centrosinistra, con sassaresi e galluresi che spingono per ottenere il riconoscimento a Città metropolitana. Il presidente Francesco Pigliaru, però, ha già detto “no” e con lui l’assessore agli Enti locali, Cristiano Erriu, e buona parte della maggioranza.

Onorevole, lei da che parte sta?

Dalla parte della Sardegna.

Perché conosce qualche suo collega che sia contro la Sardegna?

Conosco qualcuno che è contro gli enti locali e contro l’autonomia come fattore di sviluppo.

Nomi?

Tutti coloro che ogni tanto presentano proposte di accentramento per costruire gigantesche macchine pubbliche in nome del risparmio e invece ci costano centinaia e centinaia di milioni.

Appunto: l’occasione per fare nomi, prego.

I Riformatori, con le loro agenzie regionali per gestire ogni cosa.

Sassari e Olbia, in ogni caso, non la spunteranno. Avranno al massimo un’Unione dei Comuni di area metropolitana.

A prescindere dai nomi che si decideranno, l’obiettivo del ddl è dare ai territori la migliore governance possibile, quella più aderente alle singole specificità locali.

Ce la state facendo?

Assolutamente sì. Questa legge cambia l’organizzazione amministrativa della Sardegna, mettendo al centro i Comuni.

Rivoluzione copernicana?

Il modello non è stato mai sperimentato prima, quindi nessuno può prevedere i risultati. Certamente, indirizziamo la Sardegna verso quel riordino degli enti locali chiesto dalla riforma Delrio. Nulla a che vedere con la faciloneria con la quale i Riformatori e l’ex presidente Cappellacci dicevano di poter cancellare le Province.

Si riferisce al referendum del 2012?

Anche, ma non solo. Intanto, i vecchi enti intermedi potranno essere cancellati solo dal Parlamento, con una modifica della Costituzione che richiede maggioranza qualificate. Quanto al referendum del 2012 relativo alla soppressione delle nuove Province, di istituzione regionale, non mi pare che il centrodestra abbia mai individuato nemmeno il percorso per procedere alla loro eliminazione. Commissariare un ente non significa cancellarlo né trovare una soluzione alternative.

La soluzione, però, non è neppure quella di moltiplicazione le Città metropolitane, come vogliono Sassari e Olbia. Solite battaglie di campanile?

Niente affatto. Non riconoscere peculiarità metropolitane a Sassari e a Olbia equivarrebbe a falsare la realtà.

L’Unione dei Comuni di area metropolitana non basta?

Dipende da cosa si mette dentro.

L’avete deciso?

Siamo impegnati in questo. Non ci sono posizioni precostituite sulla base di interessi territoriali da difendere. Si sta discutendo proprio per capirne opportunità e svantaggi. Io ho sempre sostenuto che la costituzione di Cagliari città metropolitana ha un senso proprio, esiste oggettivamente ed è necessario dare una governance unica a questo spazio urbano. Ma, ripeto, la questione si pone identica per le due città del Nord Sardegna, che hanno tratti simili a Cagliari, per esempio col porto e l’aeroporto. Ma ciò vale pure per le città di tradizione come Oristano, Nuoro, Iglesias e Carbonia.

In sette mesi di dibattito non siete riusciti a trovare la quadra. Un po’ lenti, no?

È enorme il lavoro che sta facendo questa maggioranza rispetto alla riforma. Prima l’assessore Cristiano Erriu ha dovuto ricostruire il quadro attuale, poi è toccato alla commissione consiliare avviare la concertazione coi territori sulla base del mutato quadro amministrativo: si passerà dai tradizionali tre livelli, cioè Comuni, Province e Regione, a due, con il depotenziamento degli enti intermedi.

Cos’altro sancisce la riforma?

La semplificazione amministrativa.

Alle Province sono stati imputati costi enormi, e con questi si è giustificato il suo taglio.

La nuova organizzazione degli enti locali favorirà la riduzione della spesa, attraverso il minor costo delle decisioni.

Un esempio?

Prendiamo il caso della Protezione civile: attualmente se ne occupa ogni singola amministrazione. Con le Unioni dei Comuni questa funzione diventerà collegiale. È un risparmio che va inquadrato nella più ampia razionalizzazione della spesa, decisa a livello nazionale. Una contrazione di cui i Comuni sono stati i primi a farne le spese e presto il sacrificio toccherà alle Regioni.

A voi del Nuorese, la Gallura vi ha lasciato col cerino in mano: la Provincia tirrenica, allargata all’Ogliastra, non si farà più.

Non ci sono incendi da innescare né tanto meno territori che possono scappare col malloppo. L’area Tirrenica è una realtà economica e sociale: spetta a una classe politica di qualità riconoscerla e darle forma. Io lavoro per diffondere questa consapevolezza.

Altro campanile che suona?

La riforma degli enti locali è a costo zero, non prevede spartizioni di bottini, ma riqualifica la Sardegna sotto il profilo strettamente amministrativo. Noi lo faremo anche intrecciando la riforma degli Enti locali a quella dello Statuto. Attraverso il deputato Francesco Sanna una prima bozza è già approdata nella commissione Riforme della Camera e presto il testo normativo passerà all’esame del Consiglio regionale, cui spetterà esprimere un parere.

I Comuni saranno il primo nucleo della programmazione attraverso il loro accorpamento in Unioni. Come funzioneranno?

Saranno governate da un presidente e da Giunta che formeranno l’organo esecutivo. Le scelte fondamentali spetteranno invece a un’assemblea. I rappresentanti verranno scelti dagli amministratori locali. Ogni Unione dei Comuni avrà comunque un proprio statuto. Nella riforma stiamo discutendo la possibilità di far scegliere ai cittadini almeno gli organi della Città metropolitana.

Al momento chi amministrerà le Unione dei Comuni non percepirà alcun compenso. Lei è contrario.

Sì. Diversamente si rischia di andare contro l’articolo 51 della Costituzione che prevede la retribuzione proprio per garantire a tutti pari condizioni di uguaglianza nell’accesso alle cariche pubbliche.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

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