Scarti del granito contro l’emergenza climatica: “Nell’Isola c’è un tesoro”

Nelle discariche sarde c’è un tesoro e non ne eravamo al corrente: gli scarti di lavorazione del granito – di cui l’Isola è ricca – possono essere una risorsa enorme perché contengono minerali ed elementi preziosi per l’industria a zero emissioni nette, per quella digitale, aerospaziale e della difesa: litio, fosforo, cobalto, magnesio, bauxite, tungsteno, titanio, quarzo e così via. Gli scarti si chiamano sfridi e sono letteralmente dei rifiuti. Eppure hanno un valore elevato. “La Sardegna è una delle regioni minerarie più importanti d’Italia e potenzialmente possiede un tesoro”, ha spiegato Carmela Vaccaro, docente dell’Università di Ferrara e responsabile del progetto Life regs II a Buddusò, Comune gallurese conosciuto come la terra del granito.

Gli elementi contenuti negli scarti sono così importanti che il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha aperto la corsa all’approvvigionamento, per contrastare il monopolio cinese con l’annuncio della riapertura delle miniere in diverse regioni italiane. “Le materie prime critiche possono supportare lo sviluppo e l’ambiente – ha sottolineato la ricercatrice -. Se si hanno in casa questi elementi preziosi, come qui in Sardegna, sono necessari i censimenti nelle ex discariche e nelle miniere per verificare quanti e quali materiali ci sono nelle varie aree dell’Isola”.

Il progetto europeo, che si concluderà nel 2024, è stato illustrato durante un convegno nel Comune gallurese che ha richiamato tutti gli esperti del settore estrattivo italiano e i ricercatori del progetto sul giacimento di terre rare scoperto lo scorso anno in quelle zone. L’obiettivo di Life regs II è la riduzione del volume di scarti prodotti dall’attività di cava, attraverso azioni finalizzate a trasformare gli sfridi da rifiuto a prodotto. Nell’area estrattiva della Gallura l’iniziativa permetterà la rimozione di 47mila tonnellate di sfridi di granito da Buddusò e il ripristino di dieci ettari di paesaggio eviterà inoltre l’estrazione di 51mila tonnellate di feldspato, oltre a duecento tonnellate di emissioni Co2 per il suo trasporto dalla Turchia.


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