Mano artificiale: in campo anche l’Università di Cagliari con progetto ELoRa

L’amputazione di un arto è un evento traumatico sotto tanti punti di vista. La mano dell’uomo è uno strumento potentissimo la cui funzionalità viene data per scontata. Leggiamo spesso che la ricerca sviluppa o sta sviluppando arti robotici che agevolano,o lo faranno, tutti coloro, che per un incidente o perché nati senza,  ne sono sprovvisti. Anche l’Università di Cagliari si inserisce in questo filone di indagine e porta avanti il progetto ELoRA: “Elaborazione Low-power Real-time di segnali neurali per Ausili protesici” che ha l’obiettivo di sviluppare soluzioni microelettroniche per l’elaborazione del segnale specifico per il controllo di una mano artificiale.

Il team di ricerca è composto da due unità, una bioingegneristica e una elettronica, del Dipartimento di Ingegneria Elettrica ed Elettronica dell’Ateneo. I coordinatori di unità sono l’ingegner Danilo Pani (che è anche coordinatore del progetto) e l’ingegner Paolo Meloni.

“Il progetto ELoRA nasce nel solco di un’attività di ricerca che iniziò nel 2008, da una collaborazione con i migliori ricercatori nell’ambito della neuroprotesica in Italia, in particolare la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e l’Università Campus Biomedico di Roma” racconta Pani che aggiunge “ELoRA nasce con l’idea di avere delle risorse per poter sperimentare approcci innovativi nel settore delle neuroprotesi motorie con l’obiettivo di identificare soluzioni hardware e software efficaci ed efficienti per la decodifica in tempo reale del segnale neurale da sistema nervoso periferico per il controllo di mano artificiali”.

Il Progetto ELoRA è finanziato nell’ambito della Legge regionale 7 del 2007, ed ha una durata di 3 anni ed è principalmente un progetto di ricerca di base. Si tratta di uno studio che non darà origine ad un vero e proprio prodotto, in questo caso una mano artificiale neurocontrollata, ma punta a “rafforzare il know-how, lo stato dell’arte” sottolinea il coordinatore. E specifica: “Senza trascurare i molti studenti dei corsi di laurea in ingegneria elettronica e in ingegneria biomedica dell’Università di Cagliari coinvolti, per quanto è possibile, nell’attività di ricerca, e così alcuni dottorandi e assegnisti. Un domani, quando saranno al di fuori del mondo accademico, avranno il compito di portare queste competenze sul mercato”, con la realizzazione di un vero e proprio prodotto.

Oggi il progetto è entrato nell’ultimo anno di attività ed il lavoro sviluppato ha riguardato più fronti come l’ottimizzazione hardware di algoritmi allo stato dell’arte e loro modifiche. Il progetto, sottolinea il coordinatore: “Non si occupa della mano nel suo complesso, ma solo dell’elaborazione del segnale su piattaforme a bassa dissipazione di potenza”. Questo perché il sistema che verrà realizzato possa essere impiantato sotto pelle o inserito nella protesi stessa senza richiedere ingombranti e poco pratici dispositivi di calcolo esterni.

Un progetto che, ad oggi, non ha ricadute materiali sul territorio se non quelle relative al capitale umano. Ma questo è vero in parte. Infatti il team dell’Università del capoluogo ha avuto notevoli riscontri dal punto di vista strettamente tecnologico con diverse manifestazioni di interesse, da aziende sarde e spin-off, ma ha anche ricevuto: “Manifestazioni d’interesse anche da un punto di vista metodologico in quanto la metodologia e gli strumenti possono essere rilevanti in svariati ambiti applicativi”, aggiunge il coordinatore.

Come funziona. La ricerca scientifica nell’ambito della protesica ha portato a sviluppare elettrodi miniaturizzati che possono essere introdotti chirurgicamente nei nervi residui del braccio di un soggetto amputato consentendo di captare il segnale efferente di controllo dell’arto. Decodificando tale segnale è in principio possibile decifrare l’intenzione motoria del soggetto amputato, quindi il tipo di movimento che si vorrebbe far fare alla mano ed utilizzarlo per comandare una mano robotica. “I progetti LifeHand e LifeHand2, coordinati da ricercatori italiani di fama internazionale, hanno dimostrato che questo è possibile”, dice il ricercatore Pani. E aggiunge: “Non solo, ma è possibile usare lo stesso canale di comunicazione anche per elicitare (stimolare, ndr) una risposta sensoriale del soggetto ad uno stimolo prodotto dall’interazione fra la mano artificiale e il mondo reale”.

Dalla teoria alla pratica però il passo non è breve. Il progetto ha lo scopo di decodificare il segnale, che sarà dato direttamente dai nervi del paziente, ovvero capire in tempo reale cosa il paziente avrebbe voluto fare e trasformarlo in comandi per la mano artificiale. “Naturalmente” precisa il coordinatore “non si possono fare miracoli. Per quanto l’elaborazione del segnale possa fare molto, se l’informazione è corrotta in modo irreversibile o è assente il sistema ovviamente non potrà sostituirsi al segnale neurale”. A cui si aggiungono problemi di hardware: “Gli algoritmi di decodifica del segnale non sono leggeri da un punto di vista computazionale. Qualsiasi soluzione hardware che non sia in grado di garantire la loro esecuzione in tempo reale mancherebbe irrimediabilmente l’obiettivo di dotare il paziente di un sistema veramente usabile”, aggiungono i ricercatori.

Vantaggi dello studio. Se confrontiamo gli arti che oggi ci sono in commercio vediamo principalmente che esistono due tipologie di mano artificiale: quelle che hanno una funzione cosmetica, ossia protesi che non hanno altra funzione che rimpiazzare “visivamente” l’arto mancante, riducendo così il disagio ma che penalizzano la funzionalità, e quelle a controllo elettromiografico, che danno all’utilizzatore la possibilità di poter controllare l’arto. Queste ultime, seppure si poggino su tecnologie avanzatissime, non sono “intuitive” da usare ma soprattutto non danno un feedback sensoriale, non permettendo all’utilizzatore di “integrarsi” perfettamente nello spazio fisico. La ricerca che si sta conducendo porterà, in futuro, alla realizzazione di protesi a controllo neurale che potranno essere utilizzate in modo più intuitivo e, potendo sfruttare il canale neurale, restituire il contatto con l’ambiente esterno. Arti neurocontrollati che si configurano come i migliori candidati ad un’integrazione efficace uomo-macchina.

I referenti del progetto concludono citando Papa Francesco che recentemente si è rivolto alla categoria dei ricercatori scientifici spronandoli a porsi “a servizio del bene integrale della persona umana”. “La ricerca biomedica è questo, – dicono ancora gli ingegneri – ed ELoRA, nel suo “piccolissimo”, vuole essere un contributo a questo obiettivo più alto”.

Alessandro Ligas

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