Vertenza Portovesme srl, un gruppo di lavoro per il progetto di riconversione industriale

Un gruppo di lavoro per esaminare la possibilità di un progetto di riconversione industriale della Portovesme srl, con 12 rappresentanti delle istituzioni locali, della Glencore e delle organizzazioni sindacali e che opererà fino al 30 giugno. Oggi la sottosegretaria al Mimit, Fausta Bergamotto, ha coordinato l’incontro in videoconferenza con le organizzazioni sociali, la Regione Sardegna e i sindaci dei Comuni coinvolti, illustrando l’esito della bilaterale avuta il 3 aprile scorso con i vertici della Glencore.

“Sono mesi che ci occupiamo della vicenda di Portovesme. Non abbiamo mai abbassato il livello di attenzione su questo caso e siamo determinati a percorrere tutte le strade possibili”, osserva l’esponente del Governo. “Glencore spa deve riavviare gli impianti dei siti delle aziende controllate che producono materie prime come piombo e zinco presso il distretto industriale del Sulcis Iglesiente e del Medio Campidano, in Sardegna, salvaguardando livelli produttivi ed occupazionali. L’ipotesi di riconversione industriale presentata da Glencore è allo stato di progetto di ‘fattibilità’, insufficiente a tutelare produzioni e posti di lavoro”, incalzano le segreterie nazionali, regionali e le rappresentanze dei lavoratori di Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil. Le organizzazioni sindacali hanno chiesto la tutela dei circa 1.450 lavoratori interni ed esterni dei siti produttivi di Portovesme e di San Gavino, sollecitando la Glencore a “impegni precisi. Riteniamo che la produzione delle materie prime succitate sia strategica per l’economia nazionale e per questo vada tutelata nel migliore dei modi possibili”. Nel frattempo i sindacati dei chimici firmano oggi la cassa integrazione a zero ore per i 120 lavoratori della fonderia di San Gavino Monreale, uno dei due siti produttivi dell’azienda con sede a Portovesme, nel Sulcis.

“Il tempo degli alibi e dello scaricabarile è finito: l’Italia ha bisogno delle produzioni di piombo e zinco che Glencore continua a produrre in altre parti del mondo mentre – come abbiamo appreso questo pomeriggio dai rappresentanti del governo – ha definito altamente improbabile la possibilità di riavviare gli impianti oggi quasi completamente fermi anche con prezzi dell’energia più accessibili, e contemporaneamente, ha negato la volontà di disimpegnarsi dal Sulcis e, dunque, dal Paese”. Lo ha riferito il segretario della Cgil Sardegna, Fausto Durante, dopo la riunione. “Il Governo nazionale e la Regione facciano quanto in loro potere affinché l’azienda riavvii gli impianti a Portovesme, richiami al lavoro diretti e dipendenti delle ditte d’appalto, rimetta in attività la fonderia di San Gavino – osserva la Cgil -. Contemporaneamente, si verifichino in maniera stringente le reali intenzioni dell’azienda e si affermi il carattere di strategicità e di interesse nazionale delle produzioni di zinco e piombo e, più in generale, del polo dei metalli non ferrosi del Sulcis. Ciò permetterà di valutare e praticare, nel caso si rivelasse necessario, il diretto coinvolgimento di Stato e Regione per la continuità delle attività produttive e il mantenimento dei livelli occupazionali”.

Secondo la Cgil infatti, le affermazioni fatte dei responsabili della Glencore al ministero “non possono ragionevolmente coesistere, senza più esaurienti e convincenti argomenti: Per lungo tempo – ha detto Durante – l’aumento dei costi dell’energia è stata la motivazione addotta dall’azienda per giustificare il fermo degli impianti, dire oggi che anche prezzi più bassi non permettono di considerare la ripresa del lavoro significa esprimere indirettamente l’intenzione di non riprendere le produzioni di piombo e zinco a Portovesme”. “Dire di non voler lasciare il Sulcis ma non presentare alternative di produzione e garanzie sui livelli occupazionali (non possono infatti essere considerati tali i piani di riconversione per produzioni di litio e manganese ancora sulla carta, che per generale riconoscimento possono assicurare posti di lavoro per numeri residuali rispetto a oggi), significa pensare a un graduale ma irreversibile ridimensionamento delle attività, non affrontando i temi riguardanti le bonifiche e la messa in sicurezza dei luoghi e dell’ambiente”.

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