Portovesme srl, Pasqua in apprensione per i 1450 operai di Sulcis e Medio Campidano

Dura ormai da 18 mesi la protesta dei lavoratori e dei sindacati per scongiurare la chiusura dei siti produttivi della Portovesme srl nel Sulcis e nel Medio Campidano. Una battaglia per mantenere soprattutto gli oltre 1450 posti di lavoro che fino a poco tempo assicurava l’azienda di proprietà della multinazionale Glencore.

Molti di loro hanno un’età media che si aggira sui 40 anni, hanno contratto dei mutui per la casa e costruito una famiglia; qualcuno, più specializzato, sta già pensando di andare a lavorare fuori dall’Isola. C’è l’ansia per il proprio futuro occupazionale, apprensione per le difficoltà economiche di famiglie per lo più monoreddito, ma anche la speranza che il progetto di riconversione della fabbrica possa rappresentare un nuovo inizio dal punto di vista professionale e personale.

Nei prossimi giorni negli uffici della Regione verrà discussa la cassa integrazione a zero ore per 120 dipendenti della fonderia di San Gavino, per ora fuori dal progetto di revamping dell’azienda. “Ieri abbiamo smobilitato il presidio dell’assemblea permanente ma la battaglia continua e le iniziative di lotta non si fermeranno – dice Cristiano, uno dei lavoratori della fonderia nel Medio Campidano -. Non sarà una Pasqua serena perché ad oggi non abbiamo nulla in mano e ci è rimasto solo l’amaro in bocca. Ora attendiamo che in questi tre mesi l’azienda predisponga lo studio per il nuovo progetto sulla produzione di batterie che ha annunciato e soprattutto di leggere le carte di questa riconversione. Non è neanche la prima volta che invece di festeggiare una ricorrenza dobbiamo pensare al nostro lavoro a rischio: a settembre, nell’ultimo giorno del viaggio di nozze è arrivata la notizia dell’annuncio della fermata della linea del piombo”.

Matteo di anni ne ha 34 e lavora a Portovesme: “Nelle case c’è preoccupazione, poi nel territorio vivono prevalentemente lavoratori monoreddito ed è chiaro che questo clima crea tensione in famiglia. Si valuta bene se ogni euro sia essenziale da spendere e se ogni spesa debba essere affrontata subito o possa essere rimandata. In un momento in cui tutto è più caro, l’inflazione porta la famiglia a far slittare alcune spese anche sanitarie, ma per quanto tempo? Molti di noi hanno costruito una vita qui e attualmente la fabbrica non sta chiudendo e si è in attesa di conoscere il nuovo percorso. Certo è che nei ragionamenti tra di noi si parla già di provare nuove strade lavorative e gli operai più specializzati si stanno guardando attorno – ammette – Qualcuno ha già dato le dimissioni”.

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