L’export vale 475 milioni: volano gli alimentari. E c’è una nuova figura professionale

All’estero piacciono i prodotti delle Pmi sarde. Nel 2022 sono stati esportati 475 milioni di euro di beni: se regnano gli alimentari però, crollano i metalli. Maria Amelia Lai e Daniele Serra (Confartigianato imprese Sardegna) rimarcano la necessità di “accompagnare le imprese sarde nei mercati internazionali e lavorare per il raffreddamento dei costi energetici e delle materie prime”. Per sostenere sempre più questo settore, viene in aiuto anche la figura dell’export manager temporaneo, che assiste l’azienda in determinati periodi dell’anno.

L’anno scorso si è chiuso con una crescita del 7 per cento rispetto al 2021. La conferma arriva dall’analisi dei dati Istat realizzata dall’ufficio studi di Confartigianato imprese che, nel dossier “Trend del Made in Italy sui settori Mpi: l’export della Sardegna nel 2022”, continua a registrare una robusta attività legata alle esportazioni anche se sul futuro prossimo incombe la scarsità delle materie prime con l’aumento dei loro costi e dell’energia.

“I dati confermano come le esportazioni delle Pmi manifatturiere sarde vadano oltre il conflitto in Ucraina, il post Covid, le restrizioni e le difficoltà che le imprese vivono da più di 3 anni – commenta la presidente di Confartigianato imprese Sardegna, Maria Amelia Lai – ma questo non è certo sufficiente affinché la “spinta” al sistema economico regionale sia duratura. Serve finanziare le missioni all’estero, iniziative innovative per accompagnare sui mercati internazionali l’artigianato e le piccole imprese, nonché una forte azione del Governo per calmierare il prezzo dell’energia e trovare una soluzione all’impennata dei costi delle materie prime e alla loro scarsità”.

Le rilevazioni, infatti, confermano il trend di crescita delle esportazioni della Sardegna rispetto al 2021, tranne per il settore di prodotti metalliferi che, a causa della mancanza del materiale, ha subito una pesante battuta d’arresto.

Tra le categorie di beni che nell’anno appena concluso hanno trovato compratori all’estero ci sono gli alimentari con 205 milioni (più 14,9 per cento rispetto al 2020), i prodotti del comparto moda con 19 milioni (più 5,2 per cento), il legno-arredo con 24 milioni (più 5,1 per cento) e altri prodotti di altre imprese manifatturiere (occhiali, gioielli, ecc) con 14milioni (più 2,9 per cento). Crollo verticale, al contrario, per il metallifero che in ogni caso ha esportato per 213milioni di euro ma che ha subito una contrazione del 41,6 per cento a causa del non arrivo di materie prime o semilavorati dall’estero.

“Per mantenere il passo, occorre per questo ricalibrare le politiche di sostegno al sistema produttivo per rispondere alla situazione di elevata incertezza provocata dalla recrudescenza della pandemia, dalla forte crescita dei costi energetici e dalla costante difficoltà di approvvigionamento delle materie prime – continua Lai – è fondamentale incentivare l’accesso al credito delle imprese e sostenerle nel loro bisogno di liquidità”. “

“Un valido strumento è senza dubbio la figura del Digital temporary export manager, che va ulteriormente rafforzata poiché consente di non caricare costi strutturali sulle piccole imprese e può rappresentare un’interfaccia formativo per risorse interne all’azienda – conclude Serra –; è infatti importante consentire alle Mpi di camminare sulle proprie gambe, anche al fine di poter approfittare delle occasioni offerte dall’incremento del commercio digitale. Sarà necessario incentivare l’utilizzo di questo strumento ed estenderlo anche alle ditte individuali e società di persona”.

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