Le omissioni di Racugno in Abbanoa: ecco chi ha salvato la spa dal tracollo

Abbanoa governata dalla politica (e dai suoi fedelissimi) ma salvata dai tecnici del Collegio sindacale. Possono essere riassunti così gli ultimi nove mesi di gestione nella spa dell’acqua, diventata oggetto di spartizione e guerra tra i partiti del centrodestra. La società ha davvero sfiorato il tracollo, come risulta dal documento riservato letto ieri durante l’Assemblea dei soci, a porte chiuse, nel corso della quale è stato silurato Gabriele Racugno, il presidente-avvocato voluto lì da Christian Solinas a giugno 2020. La relazione, letta dal delegato della Regione, l’assessore Quirico Sanna, racconta di omissioni, mancato rispetto delle procedure e molti soldi spesi per pareri legali non sempre fondamentali. E se, come detto, non fosse stato per i commercialisti-revisori dei conti che hanno frenato la gestione Racugno voluta da Riformatori e Sardegna 20venti, oggi la spa navigherebbe in pessime acque.

È lungo il documento della Regione che mette insieme gli atti e i rilievi del Collegio sindacale e quelli del consigliere Franco Piga, eletto ieri nuovo presidente di Abbanoa per il rigore gestionale dimostrato in questi mesi. Nella relazione ce n’è pure per l’ex amministratore delegato, Fernando Ferri, che con Racugno votava tutto. I due avevano in mano la spa e mettevano Piga sistematicamente nell’angolo. La lista delle omissioni comincia con la mancata predisposizione di “un piano riorganizzativo della società“, invece previsto e obbligatorio da parte dell’organo di governo. Di fatto in nove mesi Racugno e Ferri non hanno disegnato una rotta per Abbanoa, malgrado la figura dell’amministratore unico sia stata sostituita col Cda proprio per meglio governare le politiche dell’acqua nell’Isola.

Quindi il tema dei compensi, quelli che Racugno aveva ottenuto, con l’avallo di Ferri, da giugno a dicembre, sebbene la Corte dei conti, rispondendo a un quesito della Commissione per il controllo analogo, si fosse espressa in maniera opposta, perché Racugno percepisce già la pensione da docente universitario. Ma il presidente, sostenuto dall’Ad, se n’era fregato di quel parere, sino all’intervento della Procura che lo scorso gennaio ha disposto il sequestro del conto bancario di Racugno, almeno sino all’udienza del 6 aprile prossimo. Il blocco è scattato su 17.705 euro.

Hanno rilevato ancora il Collegio sindacale e Piga: “In ordine agli emolumenti il presidente ha percepito compensi che secondo la società e l’organo di controllo sono in violazione della decreto legislativo 95/2012 che disciplina il divieto di corrispondere compensi, anche per incarichi in organi di governo, a soggetti in quiescenza. In questo senso si è espressa anche la Sezione regionale di controllo della Corte dei Conti”. Solo a dicembre, Ferri ha fatto marcia indietro sui compensi a Racugno, il quale, per tutta risposta, ha proposto in una seduta del Cda “di revocare tutte le deleghe all’amministratore delegato essendo venuta meno la sua fiducia nei confronti dello stesso”, aveva detto Racugno per motivare la sua decisione.

Peraltro: i l Collegio dei revisori e Piga hanno lamentato, a più riprese, che dopo il sequestro del conto bancario Racugno ha “impedito la costituzione in giudizio di Abbanoa. Il presidente – si legge ancora nella relazione – non ha convocato sul punto il Cda” asserendo che non ne ve fosse necessità e avrebbe richiesto “al Tribunale la nomina di un curatore speciale della spa.  Tuttavia, pur reiteratamente sollecitato a trasmettere ad Abbanoa l’asserito ricorso”, Racugno “non vi ha provveduto”.

Non è finita: nel j’accuse dei commercialisti revisori e di Piga imputata a Racugno pure “l’omessa vigilanza in relazione alla mancata adozione della documentazione e degli adempimenti” previsti dallo Statuto di Abbanoa. Si tratta sempre di un rilievo documentato. Perché il Cda di Abbanoa non ha mai nemmeno prodotto “il rapporto semestrale sullo stato di attuazione degli interventi previsti nel piano industriale e non sono state rispettate nemmeno le procedure” che devono permettere “l’esecuzione del controllo analogo” da parte dell’Autorità d’ambito.

Ecco poi il capitolo dei pareri legali. Sotto la gestione Racugno-Ferri, Abbanoa ha speso oltre 70mila euro. Sotto la lente pure la nomina di Ferri a direttore generale, sommando tre incarichi in una sola persona, quella appunto dell’ex manager di Saras, espressione di Sardegna 20Venti, il movimento politico di Stefano Tunis. A Ferri venne riconosciuto un compenso di 160mila euro annui e lordi che si sarebbero sommati ai 40mila per l’incarico di Ad e consigliere.

Il Collegio sindacali e Piga hanno inoltre denunciato che per arrivare alla designazione di Ferri come Dg “le procedure adottate hanno generato, oltre ad inutili costi, l’evidente compromissione dell’interesse della società ad ampliare il più possibile la platea dei soggetti tra i quali individuare quello che avrebbe potuto con maggior efficacia rivestire la carica di direttore generale. Ancora: “L’aver perseguito la descritta concentrazione di cariche è per giunta in evidente contrasto con le prioritarie finalità dei soci allorquando, con la delibera di giugno 2020, hanno optato per la costituzione di un Cda in luogo di un amministratore unico proprio per contrastare l’eccessiva concentrazione che in passato si era registrata da un lato in capo alla figura dello stesso amministratore unico e dall’altro sul Dg”. Infatti silurato da Frongia. Nell’angolo è stato messo Sandro Murtas.

La gestione Racugno-Ferri si è anche caratterizzata per “la conduzione conflittuale e travagliata delle adunanze del Cda”; “la mancata collaborazione con il presidente della Commissione per il controllo analogo”, ovvero il sindaco di Irgoli, Ignazio Porcu; “la grave lesione del rapporto fiduciario tra presidente e soci”, dopo che Racugno, quando i sindaci gli avevano chiesto di fare un passo indietro, annunciò l’intenzione di “presentare un esposto in Procura”. Da tutto questo si capisce perché Racugno è stato mandato a casa. Ferri, invece, ha capito prima cosa gli sarebbe successo e non ha nemmeno avuto bisogno della sfiducia: si è dimesso da solo, lo scorso 22 gennaio.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

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