Latte, la condizione degli industriali: “Prezzo più alto se lo Stato paga noi”

Le posizioni distanti emerse dal tavolo regionale di ieri sulla vertenza dei pastori per un prezzo più equo del latte, hanno fatto emergere uno dei nodi che impedisce la soluzione della vertenza, nell’immediato per il 2019: le eccedenze. I quintali di forme di Pecorino romano accumulate nei magazzini degli industriali che le hanno prodotte oltre il limite della saturazione del mercato, facendo crollare il prezzo, del prodotto finito e del latte remunerato ai pastori. In tutto circa 60mila quintali: ora 20mila saranno ritirati anche grazie ai 10 milioni che la Regione ha messo sul tavolo ieri, ma ne restano circa altri 40mila.

La speranza di chi queste forme le ha nei magazzini, è che anche il Governo apra i cordoni della borsa, oggi all’incontro convocato dal vice premier Matteo Salvini, che ha fatto sapere di non partecipare alle celebrazioni dei 40 anni dei Patti Lateranensi proprio per incontrare i pastori. “Risolverò tutto in 48 ore”, aveva detto due giorni fa incontrando i rappresentanti di Coldiretti Sardegna a Montecitorio. Alle 15 si capirà se la bacchetta magica, brandita a dieci giorni dalle elezioni, avrà funzionato. All’incontro parteciperà Coldiretti ed è stata convocata in extremis anche la Regione, con il presidente Francesco Pigliaru e l’assessore dell’Agricoltura, Pierluigi Caria, gli industriali non ci saranno. E non ci sarà Felice Floris, rappresentante del Movimento pastori sardi, così come non ha partecipato ieri “per evitare strumentalizzazioni”. E lo ribadisce sulla pagina Facebook ufficiale “Il Mps non sarà oggi a Roma”.

Parteciperà invece all’incontro convocato per il prossimo giovedì, 21 febbraio, dal ministro delle Politiche agricole, Gianmarco Centinaio, lunedì scorso a Cagliari. Un tavolo ministeriale specifico sulla filiera dell’avi-caprino, cui l’appuntamento convocato last minute di Salvini si è inserito di prepotenza.

Noi stiamo facendo la nostra parte, hanno detto gli industriali. Ieri sera al termine del tavolo convocato alla Regione, chiuso con un nulla di fatto, Pierluigi Pinna – dell’industria casearia Fratelli Pinna di Thiesi, tra i più grossi produttori dell’Isola e rappresentante della Confindustria Nord Sardegna – lo ha sottolineato: “In questo momento, la componente industriale ha già messo sul piatto circa dieci milioni di euro per il comparto: sono i 5 centesimi in più per litro di latte. Da 0,60 euro, nel mese di febbraio siamo pronti a passare a 0,65 euro”.

Pinna ha spiegato che “dipende dai tempi della politica”. “Se domani (oggi all’incontro con Salvini, ndr) vengono ritirati altri 20-25mila quintali dal Governo, l’effetto sarà immediato: il prezzo del formaggio potrà salire oltre i 7-7,50 euro al chilo“. E di conseguenza il prezzo del latte, dicono.

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Anche il mondo del credito ha voluto sottolineare il suo impegno: “Abbiamo messo la garanzia Sfirs sulla proposta della Regione di dare 10 milioni per il progetto Qualità. Questo per far salire il prezzo del Pecorino romano e, a traino, attivare un meccanismo di crescita di quello del latte – ha sottolineato, Paolo Sestu, presidente della Sfirs – al momento bisogna vedere cosa succede a Roma e sentire anche l’altra parte importante mancante, la Coldiretti. Fino a questo momento la Regione e il Banco di Sardegna, hanno fatto la loro parte e noi abbiamo dato la nostra garanzia: non è servito, speriamo che in futuro possa andare meglio”. “Il Banco di Sardegna sostiene la filiera, noi facciamo il nostro compito e gli altri facciano il loro”, ha dichiarato il direttore generale del Banco di Sardegna, Giuseppe Cuccurese.

Dal mondo della cooperazione emerge la delusione, al tavolo di ieri: “La cooperazione ha già sollevato i prezzi con alcune realtà che stanno dando oggi 70 centesimi al litro più il valore del latte. Noi volevamo portare dentro anche gli industriali e avere un prezzo unico, gli impegni che c’erano nel documento potevano far risollevare il settore e portare a una conclusione quanto prima. È una conclusione sprecata”, fa sapere Legacoop.

“Siamo riusciti a superare tanti scogli, cosa che fino a questo momento non eravamo riusciti a fare, il problema della contingenza purtroppo, oggi, non siamo riusciti a risolverla – spiega Luca Sanna, presidente di Confagricoltura – il tavolo non è riuscito a produrre uno sforzo tale per dare ai produttori di base le risposte che oggi attendono. Speriamo che la protesta legittima si moderi per avere maggiori risultati dalle soluzioni messe in campo oggi”.

E se questo pomeriggio sul tavolo romano ci saranno i dieci milioni, come filtrato in questi giorni, per ritirare il resto delle eccedenze di Pecorino romano dal mercato, i pastori avranno ottenuto il risultato di avere un prezzo più equo (quanto?) e le proteste finiranno. Per ora.

Ma senza un nuovo Piano di produzione del Pecorino romano (quello precedente, triennale, è scaduto e il ministero non ha mai accolto la richiesta di proroga al mese di marzo) che stabilisca le quote di latte conferito da non superare per la trasformazione, il rischio è che il prossimo anno casi trovi allo stesso punto. Il piano, poi, va rispettato e le aziende non lo hanno fatto. Solo due su 35 sono state ai patti e si è arrivati a trasformare in romano quasi 200 milioni di litri di latte, sapendo che oltre i 160 non si sarebbe dovuti andare.

Marzia Piga

[Nell’immagine di copertina la protesta di Lula fotografata da Teresa Are]

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