La Sardegna dipende da Roma, sui servizi prende 3.100 euro a cittadino

La Sardegna non è economicamente indipendente: così risulta da uno studio pubblicato domenica dall’istituto Eupolis che ha misurato, attraverso i bilanci locali, il grado di autosufficienza finanziaria delle Regioni sull’onda del referendum promosso dalla Lega in Lombardia e Veneto, le quali reclamano più autonomia fiscale per non continuare a coprire con le proprie risorse il deficit prodotto in altre parti d’Italia. E questo, effettivamente, è dimostrato anche dai numeri della ricerca.

La nostra Isola occupa l’ultima posizione della classifica nazionale quanto a residuo fiscale pro-capite: è la differenza i soldi per cittadino che una Regione versa nelle casse statali sotto forma di imposte (uscita) e quanto riceve da Roma in termini di trasferimenti e o servizi (entrata). In buona sostanza Eupolis ha calcolato se una Regione riuscirebbe, o meno, a ‘sopravvivere’ da sola senza ricorrere alle risorse in arrivo dalla Capitale.

In Sardegna il residuo fiscale è negativo, pari a -3.146 euro. Che è appunto lo differenza tra uscite ed entrate. Infatti: a fronte di una spesa statale pro-capite di 12.651 euro, col solo bilancio regionale ne verrebbero coperti 9.488.

In cima alla classifica c’è la Lombardia, dove ogni residente dà a Roma 17.827 euro, ma dallo Stato ne riceve 12.609. Il residuo fiscale è in attivo, a +5.218 euro. Un trend, questo, che si ripete in tutto il Nord, seppure con numeri differenti.

Seconda piazza per l’Emilia Romagna: qui il residuo fiscale è a +4.238 euro (16.721 di tasse pagate e 12.483 di entrata). Segue il Veneto: +3.137 euro, ottenuto dalla sottrazione tra il gettito pro-capite a 14.580 euro e i trasferimenti statali di 11.443. Ancora: nella provincia autonoma di Bolzano (politicamente ha gli stessi poteri di una Regione), il saldo positivo è di 2.122 euro (differenza tra 18.807 e 16.684).

Il Piemonte è quinto con un un residuo fiscale positivo di 1.945 euro (differenza tra 14.389 euro e 12.444). Sesta la Toscana a +1.445 (uscita pro-capite a 14.196 ed entrata a 12.751). Settimane le Marche: +1.307 (differenza tra 12.885 e 11.578). Lazio: +641 (16.019 euro di tributi versati e 15.379 di disponibilità finanziaria statale). Segue la Valle D’Aosta con un residuo fiscale postivo a 506 euro (differenza tra 18.043 e 17.537). Friuli Venezia Giulia: +429 euro (14.837 euro di uscita pro-capite e 14.408 di spesa statale per servizi). Liguria: +385 (differenza tra 14.777 euro e 14.392).

Con l’Umbria comincia la lista delle Regioni che registaano un residuo fiscale negativo: -91 euro (12.533 euro di tributi pro-capite versati e 12.625 di trasferimenti nazionali). Provincia autonoma di Bolzano: -464 euro (differenza tra 16.062 e 16.526). Campania: – 973 euro (8.740 di imposte pro-capite e 9.173 di quota nazionale ricevuta). Abruzzo: -977 euro (differenza tra 11.295 e 12.272). Puglia: -1.569 euro (8.916 di tasse pagate per cittadino e 10.485 di risorse nazionali). Molise: -1.958 euro (differenza tra 9.632 e 11.590). Sicilia: -2.085 euro (8.483 di uscite e 10.568 di entrata). Basilicata: -2.187 euro (differenza tra 9.160 e 11.347). Calabria: -2.970 euro (8.238 di versamenti a Roma e 11.208 di risorse ricevute). Chiude la classifica la Sardegna.

Dal report si rileva anche un secondo elemento: dalla Provincia autonoma di Bolzano versano le imposte maggiori (18.807 euro per cittadino) e ricevano la più alta quantità di risorse, sempre pro-capite (16.684); in Campania i valori meno alti: rispettivamente 8.740 euro e 9.713.

Nello studio Eupolis sono elencate nel dettaglio le voci che hanno portato alla quantificazione del residuo fiscale. “I versamenti a Roma – si legge – riguardano imposte dirette (es Irpef), quelle in conto capitale (come l’Imu) e le dirette (l’Iva); contributi sociali effettivi e figurativi versati da lavoratori e imprese (vanno principalmente alliInps); interessi, dividendi, redditi prelevati dai membri di quasi società, utili reinvestiti di investimenti all’estero, fitti di terreni e diritti sfruttamento giacimenti; trasferimenti correnti o in conto capitale diversi da famiglie e imprese; produzione di servizi vendibili e produzione di beni e servizi per uso proprio”. Nell’elenco dei trasferimenti dallo Stato alle Regioni figurano “spesa per consumi finali (per esempio giustizia e istruzione); prestazioni sociali in denaro e trasferimenti correnti diversi a famiglie e istituzioni sociali private (tipicamente le pensioni di invalidità); contributi alla produzione e trasferimenti correnti diversi a imprese (come gli incentivi alle aziende); imposte dirette, trasferimenti ad enti pubblici (ovvero i gettiti delle tasse come l’Irap re-indirizzate alle Regioni); investimenti fissi lordi (quando lo Stato costruisce una nuova autostrada); contributi agli investimenti a famiglie e imprese (trasferimenti in conto capitale, come i contributi a fondo perduto alle start-up).

Al. Car.
(@alessacart on Twitter)

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