Il bilancio del BdS del 2012. Le ragioni della politica e quelle del profitto

Il Banco di Sardegna è la storia creditizia della nostra Isola: da mesi tuttavia si scorgono lotte di potere e alchimie partitiche all’ombra della Fondazione. Ma la domanda da porsi è un’altra: il Banco di Sardegna svolge appieno il suo ruolo di istituto di credito? Presta ancora i soldi (per usare termini più spicci) a famiglie e imprese? La risposta è: sempre meno. Basta analizzare l’ultimo bilancio per farsene un’idea compiuta. Il bilancio d’esercizio consolidato al 31 dicembre 2012 è composta da numeri che in questo senso valgono più delle parole.

Nel 2012 perdite per 20,5 milioni, ma solo tre mesi prima andava tutto bene

Il primo dato di evidenza è la perdita di 20,5 milioni, contro l’utile di 29,1 milioni del 2011. Una variazione assoluta che registra una perdita di quasi 50 milioni di euro. L’istituto di credito sardo non fa mistero di uno scenario macroeconomico terribile, con la Sardegna davanti alla peggiore crisi congiunturale della sua storia. Tutto giusto, ma qualcosa non torna. Se prendiamo il terzo trimestre del 2012, solo pochi mesi fa, i dati del Banco di Sardegna erano diversi. Recitava il comunicato pubblicato sui quotidiani sardi: “I primi nove mesi del 2012, seppure condizionati da uno scenario economico ancora incerto e contraddistinto da una forte instabilità nell’area euro si sono chiusi con un risultato utile netto trainato da una redditività ancora in crescita per quanto attiene l’attività caratteristica, con il margine di interesse stabile, le commissioni nette in aumento del 2% e una forte ripresa del risultato delle attività finanziarie di negoziazione“. Significativo l’incremento del margine di intermediazione in crescita del 14,8%, che beneficia fra l’altro delle plusvalenze realizzate a fronte della cessione di due interessenze azionarie. La raccolta diretta da clientela si attesta a 10.212 milioni rispetto agli 11.396 milioni di fine esercizio 2011. Benissimo, dati smentiti a distanza di una trimestrale. Cosa è successo? Che le regole contabili chiedono il conto finale in chiusura d’anno e il maquillage non basta più.

 Rettifiche su crediti deteriorati al massimo, i correntisti scappano e la banca fa utili con la finanza

Qui passiamo al vero vulnus del credito in Sardegna: le rettifiche dei crediti. La gestione della banca si basa sui correntisti. Tu metti i soldi in banca, la banca usa i tuoi soldi e li remunera con un tasso di interesse. Oppure la banca ti presta i soldi e ti chiede un tasso di interesse. La differenza tra i due tassi (quello attivo e quello passivo) si chiama margine di interesse e rappresenta una delle voci dalle quali la banca guadagna. Una banca commerciale dovrebbe fare principalmente questo, ma la cinghia di trasmissione tra banca e società si è interrotta e qui iniziano i problemi. La crisi economica, la difficoltà di famiglie e aziende, fa sì che i crediti che la banca ha in portafoglio diventino rischiosi. Ci sono varie diciture: deteriorati, incagliati, a seconda delle aspettative che la banca ha di riscuoterli. Da qui arrivano le rettifiche, cioè quanto la banca rivede le stime di incasso di quei crediti. Ebbene, nel 2012 le rettifiche di valore nette per deterioramento dei crediti del Banco di Sardegna sono a 218,4 milioni, +142,4 milioni rispetto ai 76 milioni dell’esercizio precedente. Il rapporto è immediato: la banca rischia di perdere i crediti e stringe i cordoni della borsa sui prestiti alla clientela. Si chiama “Credit Crunch”: raccolgono meno e danno meno soldi ai clienti. Infatti la raccolta diretta da clientela, al netto delle operazioni a termine, è a 9.661 milioni rispetto ai 10.470 milioni di fine esercizio 2011 (-7,7%), mentre gli impieghi con la clientela ordinaria è a 9.744 milioni, in calo del 4,3% rispetto ai 10.186 milioni di fine dicembre 2011.

Il margine di interesse tiene, boom di commissioni nette e ricavi da negoziazione

Il margine di interesse resta, sotto il profilo reddituale, la principale voce di ricavo del Banco di Sardegna a 338,9 milioni, in calo del 1,3% rispetto ai 343,2 milioni del 2011. Ma come mai la banca guadagna, nonostante diminuiscano i clienti (raccolta diretta) e gli impieghi? La banca tiene alto lo spread sugli interessi attivi, quello applicato sul prestito del denaro, rispetto agli interessi passivi, così che il saldo positivo è pari a 0,7 milioni (+ 0,2 %). Ma è grazie finanza che il Banco di Sardegna tiene a posto i conti.

La “banca del territorio”, il grande fortilizio del credito in Sardegna tiene sulla redditività e la solidità patrimoniale facendo la “banca d’affari”. Vediamo come. Le uniche voci positive toccano infatti i margini di guadagno sui titoli. Le commissioni nette, cioè quello che la banca incassa soprattutto dall’acquisto e vendita di titoli, che si attestano a 146,7 milioni, in crescita del 4,1% rispetto all’esercizio del 2011. Poi c’è l’attività di negoziazione, il core business tipico della banca d’affari, il cui risultato netto registra un saldo positivo di 16,1 milioni rispetto al dato negativo per 8,5 milioni dell’anno precedente (risultato positivo a 24,5 milioni).

Crescita ascrivibile quasi interamente agli utili netti da negoziazione. Cosa vuol dire tutto questo, uscendo dall’asettica analisi dei numeri? Significa che la banca comincia a non basarsi più sulla tradizionale attività di concessione di crediti alla clientela grazie ai margini di guadagno indotti dalla “forbice” dei tassi attivi e passivi. Lo spread è , comunque,in calo e anche il Banco di Sardegna sa bene che questo implica una inevitabile riduzione della redditività e costringe ad una maggiore attenzione ai costi operativi. Oltre al costo del lavoro, la riduzione del margine d’interesse e la scomparsa dei ricavi derivanti dall’attività in cambi sulle monete incidono notevolmente sul margine di intermediazione di ogni istituto. Per assorbire i costi e compensare la contrazione del margine d’interesse, la banca sta dunque incrementando l’apporto dei proventi da commissioni nette da servizi in campo finanziario.

Oltre all’attuale processo di trasformazione di raccolta indiretta “grezza” in risparmio gestito, la banca sta effettuando operazioni di diversificazione delle fonti di reddito su aree di business a maggior valore aggiunto puntando sulla specializzazione, l’innovazione e la qualità del servizio. L’obiettivo per la banca è quello di far sì che il margine d’intermediazione sia sempre più indipendente dal margine d’interesse. Dunque, non sappiamo se i soldi siano andati “per comprare derivati dalla giapponese Nomura”, cioè la banca con cui Mps ha sottoscritto un derivato per tentare di coprire le perdite di bilancio, come ha accusato il presidente del Psd’Az Giacomo Sanna. Ma certamente il Banco guadagna sempre più con la finanza e sempre meno con la sua attività commerciale.

I crediti deteriorati: sofferenze, incagli, ristrutturazioni ed esposizioni scadute

I crediti deteriorati netti risultano pari a 1.445,4 milioni con rettifiche di valore per 948,8 milioni e un grado di copertura complessivo invariato al 39,6%. Le sofferenze nette assommano a 548,6 milioni in crescita del 16,2%, con un grado di copertura sempre molto elevato (58%). Le partite incagliate pervengono a 695 milioni con un indice di copertura del 19,8%. I crediti scaduti si portano a valori netti a 158,7 milioni (143,3 milioni nell’esercizio 2011). I crediti ristrutturati ammontano a 43,2 milioni (37 milioni a dicembre 2011) con un indice di copertura del 17%. Sul portafoglio dei crediti in bonis sono state stanziate rettifiche di valore per 54,7 milioni che determinano un rapporto di copertura dello 0,7%, in linea rispetto al dato di fine 2011. Una situazione molto complicata, ma in linea col mercato.

I risultati di gestione in sintesi:

Il margine di interesse si è attestato a 259,6 milioni, in lieve flessione rispetto ai 265,3 milioni del periodo a raffronto (-2,1%);  le commissioni nette, pari a 104,7 milioni, crescono del 3,3% rispetto ai 101,3 milioni del 2011;  i proventi della gestione finanziaria hanno raggiunto, nel loro complesso, i 52,8 milioni, in crescita di 52,2 milioni rispetto a 0,6 milioni del 2011, prevalentemente grazie alle plusvalenze da cessione realizzate nell’esercizio;  il margine di intermediazione raggiunge i 417,2 milioni, a raffronto con i 367,2 milioni del 2011, in aumento del 13,6%;  le rettifiche di valore nette per deterioramento dei crediti raggiungono i 190 milioni, in forte incremento rispetto ai 58,4 milioni del 2011 (+225,1%);  le spese amministrative pari a 270,6 milioni risultano in lieve calo (-0,8%), con spese per il personale per 166,4 milioni (+0,5%) e altre spese amministrative per 104,2 milioni (-2,7%);  gli accantonamenti ai fondi rischi ed oneri pervengono a 3,7 milioni, in riduzione del 50,7%;  i costi operativi raggiungono i 262 milioni, in calo dell’1,6%;  il risultato netto negativo per 22,1 milioni si raffronta con i 21,3 milioni di utile registrati nel 2011.

Giacomo Legato

 

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