Jazz, Sant’Anna Arresi saluta il festival: gli altri concerti tra Santadi e Carbonia

Si è concluso il festival ‘Ai confini tra Sardegna e Jazz’ nella location di piazza del Nuraghe a Sant’Anna Arresi, mentre i concerti proseguiranno sino all’8 settembre tra Santadi e Carbonia.

Serate all’insegna di infinite combinazioni e sperimentazioni frutto del lascito di Basilio Sulis, storico fondatore del festival scomparso, che ha spesso trascinato sul palco musicisti, performer, poeti e artisti per contaminazioni e show d’eccezione.

La magia, così come sognata dall’uomo che varcava i confini, è avvenuta anche quest’anno e l’ovazione del pubblico, oltre a performance di altissima qualità, sono state la prova che la formula funziona. Un percorso da solcare e su cui piantare i semi di questo rinnovamento.

Non poteva che suscitare soddisfazione l’acclamazione dei presenti verso le composizioni originali che hanno calcato il palco di Sant’Anna Arresi.

Nelle ultime due giornate, Sound Glance, ha accontentato i suoi affezionati. Un quartetto di autentico free-jazz formato da Fabrizio Puglisi al piano, Marco Colonna al sax, Silvia Bolognesi (contrabbassista che è stata uno dei jolly di quest’edizione) e Günter “Baby” Sommer alla batteria che si è destreggiato tra il suo strumento, armonica e scacciapensieri, una scelta azzardata nella free form, sebbene la sua esuberante e dinamica presenza sia riuscita ad adeguare il loro utilizzo, incoraggiando anche i compagni di viaggio a vivere quell’estro estemporaneo nella maniera più libera possibile, come avrebbe voluto anche il fondatore della manifestazione organizzata da Punta Giara.

Grande attesa per il concerto della leggenda del sassofono David Murray “Brave New World”, originariamente portata in scena in trio con Bradley Jones al contrabbasso e Hamid Drake alla batteria, arricchita in questo appuntamento dalla presenza del pianista Aruán Ortiz.

Uno show oltre le aspettative con due ore piene di brani di repertorio e improvvisazioni frenetiche sia in solo, sia in ensemble, interrotte dagli energici reprise di Murray, i cui fraseggi hanno fatto letteralmente gridare la platea.

Anche gli artisti di quest’edizione hanno voluto assistere a quest’evento unico, reso irripetibile anche grazie alla presenza di Ortiz, il quale ha arricchito la formazione con sonorità tipiche della musica afrocubana, convalidando i propositi di Murray che ha fortemente voluto una matrice black music, partendo da arrangiamenti memori degli anni ’70 arrivano nel nuovo millennio freschi e con messaggi attualissimi.

Per l’ultima serata, prato e gli spalti gremiti, nonostante l’assenza del poeta Thomas Sayer Ellis, a causa di imprevisti personali. Il sassofonista James Brandon Lewis ha, in ogni caso, preso in mano le redini dello spettacolo, trasformandolo in una performance sperimentale marcata da parole e musica. Un quartetto imprevisto che ha solleticato gli stimoli di ognuno dei musicisti, corroborato dalle incursioni virtuose di Bolognesi e Kouatè, quest’ultimo reduce dallo spettacolo finale di “Percussion for Kids”, laboratorio seminariale dedicati ai bambini.

A salutare la piazza “Maistah Aphrica” la big band composta da giovani friulani impegnati nella rivisitazione della black e world music. I brani sono l’esito di un ascolto sincero e ammirato della lunga e importante composizione di artisti complessi come Sun Ra, passando per la musica creola e l’hard bop in commistione con l’elettronica.

Maistah Aphrica è il gioco di parole tra la fonte di ispirazione e l’assonanza con la frase “mai stati in Africa”, un modo che il progetto ha di ironizzare ed esorcizzare quel totem che è la musica africana e quello che ha significato per il jazz. L’esperimento riesce nell’intuizione di non emulare, quanto piuttosto affermare un modo tutto nuovo di concepire –da “profani”- lo spirito icastico che ha dato vita a gran parte della musica contemporanea.

Gli organizzatori, ancora al lavoro per gli ultimi quattro concerti, si dicono soddisfatti dei risultati di questo lungo festival: “Siamo molto contenti di tutto quello che è avvenuto. Abbiamo raggiunto numeri che ricordano il passato della manifestazione –specialmente se pensiamo all’epoca pre-Covid”, ha sottolineato Paolo Sodde.

“I concerti hanno riscosso un enorme successo – a dispetto delle defezioni, prevedibili vista la pandemia. Gli omaggi a Basilio, poi, hanno toccato il cuore delle persone, degli artisti e il nostro, così come le introduzioni di Giacomo Casti che ha sviscerato i significati delle parole comprimarie di quest’edizione: da uomo, confine, approdo e così via. Anche i concerti in spiaggia al mattino e quelli nella pineta di Candiani a mezzanotte, sono stati un crescendo di presenze. È stata una scommessa e all’ultimo, a Porto Pino, abbiamo avuto un pubblico di oltre cento persone”, ha proseguito.

E ancora: “Siamo ancora sommersi da messaggi di ringraziamenti e congratulazioni dal pubblico, dalle amministrazioni e da parte dei genitori dei ragazzi e bambini che hanno partecipato ai seminari.
Questo ci trasmette l’idea di una comunità di cui siamo, evidentemente, diventati parte fondamentale e integrante, pertanto siamo davvero commossi.”

Punta Giara si rimette in marcia per le ultime tre tappe e stasera, nella grande Miniera di Serbariu, ‘Ai confini tra Sardegna e Jazz’ continua con il quartetto guidato da Aruán Ortiz.

Alida Berli

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