Giovedì 20 luglio a Cagliari la presentazione del libro di Giannotti “Troppo sale”

In anteprima assoluta per la Sardegna la presentazione del recentissimo  libro “Troppo sale. Un addio con ricette”, di Stefania Giannotti, edito da Feltrinelli ad aprile: appuntamento al Lazzaretto di S. Elia, Cagliari, giovedì 20 luglio, ore 18,30. Introduce e dialoga con l’Autrice  Maria Giovanna Piano, direttrice  Studi e Ricerche dell’Ifold, che  organizza l’evento. Letture di Cristina Maccioni.

Dopo Milano – Fiera dell’Editoria Italiana,  Feltrinelli e Libreria delle Donne-  Livorno, e in altre città e centri culturali, è la volta di Cagliari. Tappa obbligata nella vita di Stefania Giannotti, architetta con la passione per “la libertà femminile” e per la cucina, che a Cagliari è sempre approdata, per raggiungere poi l’amatissima Carloforte,  luogo imprescindibile del proprio esistere,  nella sua infinita bellezza e nel drammatico intreccio di dolore, che l’ha segnata per sempre e da cui è scaturito l’intenso racconto autobiografico del libro, che vede la luce adesso, dopo una sofferta e complessa maturazione durata 25 anni.

“Troppo sale. Un addio con ricette”, nasce dalla intima e profonda esigenza di ricomprendere, in una nuova dimensione, il dolore lancinante e mai sopito per la perdita del figlio diciassettenne, tragicamente scomparso nelle acque di Pan di Zucchero nell’agosto del 1990. La narrazione segue il filo della memoria  così come viene, a tratti, per flash che illuminano momenti diversi della vita dell’autrice, architetta, vissuta fra Roma e Milano, negli anni cruciali del dibattito sui movimenti e le idealità del femminismo. Un filo, intenso di luci e ombre, di memorie serene e tristi, tristissime, che si alterna con l’altra passione di Stefania Giannotti, la cucina: un tripudio di ricette originali e gustosissime, nelle pagine dedicate alla  “pausa cucina”, scritte con “sapienza semplice” e con generosità, perchè il cucinare e offrire ad amici e ospiti del buon cibo può dare un senso diverso alla vita.

Stefania Giannotti,  è stata invitata per settembre al Festival della Letteratura di Mantova e in autunno sono previste presentazioni del libro nelle principali città Italiane. Il testo ha avuto numerose recensioni su quotidiani e riviste letterarie, fra cui l’Avvenire, Il Manifesto, Leggendaria, Radar, Pagina 99,Letterate Magazine.

  • La recensione di Maria Giovanna Piano
Maria Giovanna Piano
Maria Giovanna Piano

Negli antichi poemi epici, quelli che abbiamo studiato a scuola, viene sempre il momento in cui l’eroe è invitato a raccontare la propria travagliata storia. Lo fa davanti alla mensa imbandita in suo onore, l’onore che si rende all’ospite, allo straniero, anche quando nulla si sa di lui. Così Ulisse ad Alcinoo, così Enea a Didone: iubes renovare dolorem. Anche Stefania Giannotti nel suo straordinario libro “Troppo sale un addio con ricette”, edito da Feltrinelli, miscela cibo e doloroso racconto. In questo caso però, a dispetto dei precedenti letterari che l’autorizzerebbero tutt’al più a piangere e raccontare insieme, lei racconta e insieme cucina.

Affermata architetta, Stefania Giannotti vive a Milano e coltiva da sempre la passione per la cucina a cui ha dedicato il libro “Zucchero a velo” La Tartaruga Edizioni, 1990 e un più recente saggio dal titolo “La cucina è una fissazione”1, in cui si allude ad una storia che attende di essere narrata: “……dormivo con le foto sotto il cuscino di una mia pena che non racconto nei dettagli, perché ancora non ho trovato il modo”. Un’attesa durata 25 anni, tanto ha preteso quella pena incommensurabile e incomunicabile per uscire dal silenzio e farsi narrazione.

Un percorso sui generis, senza riverbero di retorica, che ci rimanda alla traumatica perdita dell’unico figlio diciassettenne nella lontana estate del 1990 a Carloforte, patria estiva mai abbandonata, e all’incidente che trasformò in tragedia l’ultima gita in mare, prima della fine delle vacanze.

C’è un coro di donne nella tragedia raccontata, e non è chiamato a dare consolazione, ma a salvare la vita. Primum vivere, mai risuona così irresistibile come in presenza della morte. E allora nessun corpo a corpo con il dolore, più semplicemente occorre non smarrirlo né perderlo di vista per troppa vicinanza. Serve una mediazione che restituisca la distanza giusta, una passione creativa, una cucina relazionale aperta alla politica delle donne, una cucina della memoria, capace di fare da spola, mantenendo sempre lo stesso fuoco: il fuoco di Estia, attorno al quale è bello dissertare insieme “talvolta in accordo, talvolta in disaccordo”. Nella serrata struttura del testo, che prende ritmo e respiro da uno stile sobrio e conciso e da un uso particolare della punteggiatura, si alternano in una medesima partitura gli splendidi paragrafi della narrazione e la pausa cucina, che traduce il disciplinare di ogni ricetta in un esercizio di vita.

Le portate espresse in 80 ricette sono la sosta utile al respiro di ogni sequenza narrativa, sono la stazione che ripara ciò che il ricordo potrebbe, per insostenibile lucidità, lacerare ancora. Per tenere insieme dolore della perdita e cibo bisogna avere una profonda cultura della trasformazione che riproponga nei gesti di una stessa esperienza i riti delle relazioni, soprattutto femminili, il passaggio antropologico dal crudo al cotto, la variazione delle combinazioni, e quel ripetuto portare alla bocca di ciò che ci attraverserà il corpo, diventando, per decisiva alchimia, vita pura. E’ questa vita che abbiamo in sovrabbondanza, più di quanto possiamo sopportarne, si potrebbe dire parafrasando Marilynne Robinson, e’ questa vita che deve vedersela con la perdita più dolorosa, quella che rischia di trascinarti giù giù e ancora giù, nello stesso punto dell’abisso che ha crudelmente inghiottito la creatura amata. Cara agli dei, più cara alla madre.
Il titolo va preso alla lettera: Troppo sale. Troppo è quando qualcosa su cui non abbiamo potere si avventa su di noi, lasciandoci inermi, ferite/i, e sarebbe a morte se non fosse per la vita stessa. Da quel 25 Agosto ormai lontano, ci arriva l’ansia di corpi bagnati di mare e l’immagine dell’adolescente, deposto tra le braccia della madre, ci restituisce per un istante una deposizione destinata, chissà. ad immobilizzare per sempre quell’abbraccio in un unico blocco di sale. Troppo sale… sulla ferita, ma proprio dai cristalli di quel sale viene la scrittura perfetta, nitida e intensa che senza nulla concedere al lirismo, scansiona la vita in versi, mostrando ciò che si può fare del dolore quando non si fugge il ricordo né lo si trasforma in simulacro.

Stefania Giannotti ci mostra per tutto il libro che è possibile riposizionare la morte nel luogo più soleggiato ossia più esposto alla vita, e che una donna può avere sufficiente forza e competenza di civiltà per sciogliere quel blocco e far rivivere ciò che rischiava di rimanere pietrificato. Lei del condimento conosce la giusta misura, che per il sale, come per la vita, è quanto basta.

Maria Giovanna Piano

 

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