Daniela Pes vince il Tenco: il disco della cantante gallurese è il migliore esordio dell’anno

Andrea Tramonte

C’è qualcosa di misterioso nel disco d’esordio di Daniela Pes. Sarà probabilmente quel mood sospeso tra un passato arcaico non meglio identificato e i suoni che invece raccontano un futuro ancora ipotetico. Sarà la lingua, un ibrido tra gallurese, italiano e parole inesistenti che contribuisce a far perdere le coordinate a chi ascolta, a entrare in una dimensione ‘altra’ che è familiare e spaesante insieme. Ascoltare Spira – uscito di recente per Tanca Records – è una esperienza profondamente immersiva, che richiede di abbandonarsi al suo flusso: ti trascina, accarezza, sfida, a volte ti destabilizza e altre ti accoglie. Suona come una cerimonia laica che sembra invitarti a un antico rituale. Una musica densa, austera eppure mai rigida. “L’album nasce come un flusso istintivo ma c’è qualcosa di percepibile, coordinate e punti fermi che ritornano – racconta lei a Sardinia Post -. L’ancestrale, il primitivo, qualcosa di atavico, il femminile. Sento queste coordinate vive in ogni brano del disco. Forse il sacro è legato più ai riti popolari che alla dimensione liturgica o religiosa. Ma per la natura delle linee melodiche a posteriori mi sono resa conto anche io di questo legame con la sacralità”.

Daniela Pes ha 30 anni, è nata a Tempio Pausania e respira musica da quando è nata. Il padre è multistrumentista, il fratello maggiore pianista e quello minore batterista. Fare musica era praticamente inevitabile in un contesto del genere. La sua formazione – non solo accademica – è legata innanzitutto al jazz. “Tre anni fa mi sono presa un po’ di tempo per capire cosa volessi esattamente scrivere – racconta -. Ho lavorato a tante cose che non sentivo fossero quelle giuste e che non rispecchiassero quello che stavo cercando. Sono stati tre anni di grande ricerca, musicale e personale. Ho dovuto lavorare molto sul raggiungere un equilibrio nuovo tra il mio istinto, legato al jazz, alla musica aperta e strumentale, e la necessità di trovare ordine, una struttura. Ero confusa e in crisi con me stessa”. Dopo un po’ manda una mail a Iosonouncane – al secolo Jacopo Incani, musicista di Buggerru.- per chiedergli di ascoltare alcune cose che aveva registrato e sottolineando i dubbi che aveva sui brani che aveva scritto. Da lì nasce un rapporto molto stretto con Incani, che le consiglia di comporre i testi da sola e di lavorare sulle sensazioni che stava provando. “Ho messo giù una miriade di brani e con lui ho fatto un lavoro di scrematura fino ad arrivare alla sostanza carnale di ogni idea. Abbiamo lavorato prima a distanza, poi abbiamo registrato al Vacuum studio a Bologna dopo esserci incontrati tante volte nel suo studio, a lavorare agli arrangiamenti e alla produzione. I brani sono diventati molto elettronici”. Spira quindi è frutto di un lavoro con Iosonouncane – qui nella veste di produttore e discografico – con Pes impegnata a scrivere, a mandare idee, suggestioni e proposte elaborate che poi prendevano forma dal confronto con lui. “Secondo me lui in Italia è il riferimento più interessante che abbiamo a livello di composizione e cura del suono. Lavorandoci ho avuto il modo di comprendere la sua enorme testa musicale. Da una mia idea poteva nascere una grande idea. Ho capito col tempo che era davvero lui che mi sarebbe dovuto stare vicina in questo lavoro”. E il risultato è notevole: il disco ha vinto il Premio Tenco come migliore esordio italiano dell’anno.

“L’album è frutto di tutto ciò che ho vissuto prima a livello musicale – racconta – ma per la prima volta mi sono trovata a fare un confronto con il mio sentire e ho cercato di confrontarmi in modo profondo con la mia scrittura. Ho cercato di seguire il mio istinto e di abbandonarmi al flusso creativo per poi trovare una architettura del disco, una sua struttura definita”. Se musicalmente l’impronta elettronica è preponderante, il retaggio jazz non è stato abbandonato. “Si riversa sul timbro e sul suono, c’è nella mia propensione a lavorare con la voce su fonemi e sillabe disarticolate”. Il lavoro sulla lingua è indirizzato alla musicalità, all’enfatizzazione del suono e al suo legame con la musica, ma questo non significa necessariamente che i testi non raccontino qualcosa. “Non ho mai voluto scrivere una storia specifica, descrivere una figura e un’immagine – spiega -. La musicalità era la prima scelta di fonemi apparentemente senza significato. Ma emergono parole e frammenti che invece un significato ce l’hanno, frasi riconoscibili – come ‘figura colma sia’ in Carme – o assonanze che ti riconducono a determinate figure. Ma per ognuno evocheranno sicuramente una storia diversa ed è un aspetto che mi piace moltissimo”. E poi c’è ‘Ora’, il centro del disco, con un testo in gallurese scritto da Daniela e cantato sopra un drone che crea una sensazione di sospensione, attesa, con alcune aperture di synth e percussioni e una chiusura con alcuni campioni vocali riarrangiati in chiave elettronica. “Il giorno imbrunisce/ istante nuovo in terra/ che mi vede entrare/ l’anima varia e viva/ delle ore e degli istanti/ la mia triste vita si veste e rinasce/ il giorno si veste e rinasce/ di primavera/ la notte rinasce nuova“, recita il testo nella traduzione in italiano.

Il nome dell’album vuole racchiudere in una parola il lavoro portato avanti da Pes ed è anche il titolo di un brano rimasto fuori dalla scaletta finale. “Mi fa pensare ad alcuni concetti che tornano, come il respiro, la fisicità, la morte. Mi ricorda anche la sfera del sole, un fascio, un raggio di luce”. Il legame con l’Isola si sente non solo per l’uso della lingua gallurese arcaica ma da suggestioni, un’aria che si respira e che non necessariamente si riesce a razionalizzare. “Avendo vissuto la maggior parte della mia vita qui ho assorbito tantissimo -. Dal paesaggio ai silenzi di cui possiamo godere qui. Ho scritto il disco in tre anni e due trascorsi in lockdown in Sardegna. Godendo della dimensione enorme dei nostri orizzonti, dei nostri colori. Ispirata anche dalle poesie di don Gavino Pes che avevo musicato negli anni scorsi, prima di iniziare questo lavoro personale sulla scrittura e sulla lingua”.

Le prossime date di Daniela Pes nell’Isola: il 14 luglio a Berchidda per Insulae Lab, il 15 a Carloforte per Botti du shcoggiu, il 20 a Sarroch per Sa Rock Festival (in apertura di Thurston Moore dei Sonic Youth), il 31 agosto a Seneghe per il Cabudanne de sos poetas e il 2 settembre a Viddalba per Cartoline Sonore.

Andrea Tramonte

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