Neoneli, il vino per combattere lo spopolamento. Tra vigne antiche e difesa dell’ambiente

di Andrea Tramonte

Il paesaggio è scandito dall’alternarsi di piccoli vigneti, macchia mediterranea e querce da sughero. È come se la zona avesse una vocazione, quasi iscritta nel suo Dna. Del resto basta fare di conto per capirlo: il territorio di Neoneli – nel Barigadu, in provincia di Oristano – conta qualcosa tipo 130 piccoli produttori di vino accertati e in paese abitano appena 640 persone. Non sono numeri casuali. Sono frutto di una storia di lunga durata, di un territorio dove la vigna è un elemento familiare, naturalissimo, e anche di una scelta politica volta a valorizzare il patrimonio di tradizione e conoscenze presenti da sempre nella zona e dar loro una maggiore struttura e progettualità. I risultati iniziano a vedersi. La famiglia Moratti – e per la precisione Gabriele, figlio di Gian Marco e Letizia – ha deciso di investire a Neoneli aprendo una azienda giovane e ambiziosa, Bentu Luna, che nel 2021 è stata premiata come cantina emergente a livello nazionale dal Gambero Rosso. Il sindaco del paese, Salvatore Cau, nel 2017 ha aperto il suo marchio insieme ai soci Samuel Corda e Marco Deiana, Cantine di Neoneli, che produce 10mila bottiglie in grado di ottenere riconoscimenti importanti a livello di pubblico e di critica. E altri piccoli produttori hanno deciso di fare il grande salto: dalle produzioni familiari diffuse nel territorio a progetti nuovi in grado di dare al vino della zona più respiro e capacità imprenditoriale. 

Il paese negli ultimi anni ha cercato di reagire al fenomeno dello spopolamento puntando su cultura ed enogastronomia. Organizza ogni anno un festival letterario – Licanias – che si è ritagliato uno spazio importante nell’ambito degli eventi estivi dell’Isola, riuscendo a coinvolgere nomi nazionali e internazionali e attirando sempre più curiosi e appassionati tra le vie del centro. Uno dei fiori all’occhiello del festival è il programma di residenze: ogni anno viene invitato uno scrittore a trattenersi qualche giorno in paese e poi a scrivere un racconto o un reportage ambientato a Neoneli (nomi rilevanti come il Premio Strega Tiziano Scarpa, Giuseppe Culicchia, Valeria Parrella, Roberto Cotroneo) che poi diventa un piccolo libro stampato direttamente dal Comune. C’è la tradizione della fregula, che ha dato vita a un evento gastronomico che vede la partecipazione di chef sardi e nazionali per reinterpretare i piatti tipici della tradizione in chiave contemporanea. E poi c’è il vino. “Qui si è sempre fatto – racconta il sindaco mentre passeggiamo tra le antiche vigne impiantate nelle zone collinari del paese -. Abbiamo vigneti molto antichi, alcuni sui cento anni. Anche molto piccoli, con 500, 600 ceppi, ma con una grande varietà: Cannonau, Monica, Moristellu, Pascale, Carignano, Cagnulari, Nieddu Mannu, Nieddu Saludu…”. 

Che il vino qui sia una tradizione secolare lo si intuisce anche grazie alla presenza degli “arcivos”, vani scoperti realizzati in rocce trachitiche dove venivano riposte le uve trasportate coi cesti di legno per essere poi pigiate coi piedi, in una vasca chiamata “lacos de catzigare”. Sono segni di archeologia agricola che risalgono addirittura all’epoca romana e raccontano non solo di un rapporto di lunghissima durata col vino, ma anche un approccio “comunitario” alla sua produzione: l’arcivu solitamente è condominiale e si trova al confine tra più vigneti. “Abbiamo cercato di valorizzare questa storia e spingere i nostri compaesani a prendere coscienza delle nostre potenzialità, anche attraverso corsi di formazione sui trattamenti in vigna o di potatura”, spiega il sindaco. Nel 2017 è nata la sua cantina, che parte dall’obiettivo di mettere in rete i vigneti delle famiglie dei tre soci insieme ad altri in affitto, che talvolta erano abbandonati da tempo e che sono stati recuperati grazie a un lavoro paziente e certosino. I vigneti sono quasi tutti ad alberello, con un impianto troppo fitto per consentire il passaggio di mezzi meccanici. Anche per questo sono lavorati ancora oggi con buoi e cavalli. Le rese sono basse, meno di 20 quintali a ettaro, e questo va a tutto vantaggio della qualità delle uve. I terreni, in disfacimento granitico, danno ai vini una acidità consistente, buona sapidità e in generale freschezza. “Si avvicinano a quelli che si facevano in casa un tempo – raccontano i tre soci -: vogliamo imbottigliare il prodotto che di fatto facciamo da secoli”. La difesa dell’ambiente e il legame strettissimo col territorio sono due caratteristiche fondamentali del vino prodotto dalle Cantine di Neoneli: in vigna nessun intervento chimico e solo trattamenti manuali, in cantina fermentazioni naturali e bassissimo uso di solforosa. Entro l’anno le bottiglie dovrebbero avere anche la certificazione bio. “Il legame col territorio invece è rivelato a partire dai nomi scelti per le bottiglie – spiegano -. Il nostro blend, Canales, prende il nome dalla vallata dove si trovano le vigne. Omestica – il nostro Cannonau in purezza – si ispira a un’altra località della zona. In generale vogliamo che i nostri vini abbiamo il segno distintivo dell’artigianalità”. 

L’articolo completo nel numero di novembre/dicembre 2021 su Sardinia Post Magazine

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