di Ilenia Mura
Si sa, di questi tempi, internet dixit. E se sul maggiore motore di ricerca culurgionis produce 28 mila risultati, culurgiones (con la e) batte il plurale maschile del nome (meno diffuso) riportato sul disciplinare Igp del Ministero delle Politiche agricole, facendo comparire – sulla stringa di Google – 365mila risultati.
Ma allora, la domanda nasce spontanea: qual è il nome corretto di questa magnifica pasta fresca ogliastrina che ha conquistato l’olimpo delle paste Igp in Italia?
Vito Arra, (Pastificio i Sapori d’Ogliastra, Lanusei): “Ho 62 anni, mia madre a Barisardo li ha sempre chiamati culurgionis, perché se il singolare è culurgione, il plurale diventa culurgioni. Poi qualcuno ha voluto aggiungere la “s“. Poi qualcuno ha cambiato la “i” in “e”, così il suo nome cambia di paese in paese. Quello certificato dal ministero delle Politiche agricole è, appunto, Culurgionis Igp con la “i”, fermo restando che, in Sardegna, nomi e pronuncia variano di zona in zona“.
Parola di uno dei produttori di punta di pasta fresca in Ogliastra, Vito Arra, consulente del Ministero per il disciplinare che ha dato il via, nel 2015, alla certificazione di indicazione geografica protetta della pasta fresca a forma di spighetta: i culurgionis, appunto, d’Ogliastra. E allora, sarà per questo che sul disciplinare compare il nome con la “i”? “A Barisardo, così come Jerzu, le massaie li chiamano culurgionis. A Villagrande, Arzana e Lanusei la “i” viene sostituita dalla e. Ma a Lanusei, per esempio, si usano entrambi i nomi”, aggiunge Arra.
Tiziana Loi, pastificio a Loceri Paese che vai, nome che trovi: nel pastificio di Tiziana Loi (altra imprenditrice di punta di pasta fresca in Ogliastra) si producono, invece, i “culurgiones con menta” e i “culurgiones classici“. “Dipende dal territorio, in alcuni paesi il nome cambia completamente “, precisa l’imprenditrice di Loceri.
Le origini E allora ecco svelato l’arcano. Che porta dritti dritti all’origine del nome: “L’etimologia storica del nome è molto dibattuta”, spiega l’antropologa e giornalista Alessandra Guigoni, che precisa: “Personalmente mi convincono due etimi, quello dell’esperta di lingua sarda Manuela Ennas, che fa risalire a “culleus”, sacchetto di cuoio, l’origine del nome, e quello che fa risalire il nome a “cuna”, culla e anfratto. Entrambe le parole accompagnano la forma di questa tipologia di pasta così speciale”. Di cui si trova traccia in un documento dell’Ottocento: “Precisamente del 1811 in cui, in un elenco, compaiono alcune pietanze sarde come “il pane di vin cotto, le zippole ed i culurgionis de casu”, una delle prime testimonianze scritte su questo prodotto”. Anche se poi, quando vai a cercare sul web, il nome indicizzato è quello più gentile, forse meno cacofonico. E magari, sarà per questo motivo che “culurgionis” si è trasformato in culurgiones in diversi paesi della Sardegna?
Il gusto Che li si chiami in un modo o nell’altro, resta comunque una certezza: la ricetta tradizionale ogliastrina. Pure in questo caso, ogni gusto ha la sua variante. Il condimento prediletto dal produttore di pasta fresca Vito Arra è quello legato alla tradizione agropastorale: “Una volta cotti, ancora umidi, mi piace mangiarli in bianco col pecorino appena grattugiato e un goccio d’olio extra vergine d’oliva”. Tutto, rigorosamente, made in Ogliastra, diventata una delle 5 blue zone del mondo anche grazie alla genuinità dei suoi prodotti agroalimentari.
