C’era grande attesa tra le maestranze dello stabilimento Alcoa di Portovesme per l’incontro previsto per domani, mercoledì 13 marzo, al ministero dello Sviluppo Economico. Dopo diversi rinvii e alcuni mesi di totale silenzio sullo stato delle trattative per la cessione della fabbrica di alluminio, gli operai si erano illusi che qualcosa stesse iniziando a muoversi con le istituzioni governative che parevano intenzionate a rompere il silenzio tanto che avevano convocato sindacati e istituzioni locali, dalla Regione alla Provincia ai comuni del territorio.
Ma ieri sera il Ministero dello Sviluppo Economico ha comunicato, gelando i timidi vagiti di ottimismo, che, a causa della vacanza negli incarichi della giunta regionale sarda l’incontro è stato rinviato. Stamattina l’annuncio: la nuova data dell’incontro è il 21 marzo. Lo scrive la Uilm su Twitter.
Si è appreso che questo rinvio deriva anche dalla necessità di dare ulteriore tempo alle parti coinvolte nella trattativa per la compravendita della fabbrica. Il che potrebbe significare qualsiasi cosa: che la trattativa sta andando avanti oppure che si è di fronte ad uno stop da cui non si sa come uscire.
“Siamo molto preoccupati per il silenzio sulla vertenza – ha detto Massimo Cara, delegato per la Cisl della rappresentanza unitaria – ancora non abbiamo idea di cosa sarà davvero il nostro futuro “. E Daniela Piras, segretaria territoriale della Uilm: “Nessuna delle domande che abbiamo posto ha avuto ancora una risposta”. “Il governo – afferma Roberto Forresu, segretario territoriale Fiom-Cgil – deve dire che intenzioni ha realmente. Non si fa che dire che l’alluminio è un settore strategico per l’Italia, dunque che siano conseguenti adottando misure concrete”.
Un solo fatto è certo: una fabbrica che fino a pochi mesi fa dava lavoro a circa 500 lavoratori diretti e altrettanti lavoratori dell’indotto Alcoa, oggi è desolatamente ferma. Una fabbrica che, come molte altre realtà industriali italiane, ha dato e stava dando utili economici ai propri azionisti e al territorio.
La sua fermata causa nel Sulcis-Iglesiente, la provincia più povera d’Italia, la perdita di circa 3.000 buste paga che si sono trasformate in altrettanti assegni sociali di sussistenza, a carico delle casse dello Stato, in parte cassa integrazione ed in parte mobilità. In taluni casi non è stato possibile attivare neppure alcun tipo di ammortizzatore. Tutte situazioni ad alto rischio sociale in un territorio su cui la crisi economica si è fatta sentire in maniera ben più marcata rispetto al resto d’Italia a causa della sua monocultura economica, prima mineraria e poi industriale, che tale è rimasta.
In mattinata il portavoce di Cappellacci, Alessandro Serra, ha precisato che “la Regione non ha chiesto nessuno spostamento della data dell’incontro”.
Carlo Martinelli