Il commento degli chef: “Cavallette e grilli? Non siamo ancora pronti”

Larve di ape tostate, liquore di formiche, garum di cavallette: sono alcuni dei piatti proposti da Roberto Flore, capo chef del Nordic Food Lab, durante un recente seminario a Bruxelles nella sede del Parlamento Europeo.

A prescindere dai gusti, quella che adesso è solo una sperimentazione pensata per ampliare le frontiere alimentari potrà diventare presto realtà tra le nostre tavole: il Parlamento di Strasburgo ha approvato nei giorni scorsi la semplificazione della Novel Food, la legge (che risale al gennaio 1997) che regola l’introduzione di cibi derivati da innovazione tecnologica o tradizioni esterne. Grazie a questa revisione l’iter per introdurre alimenti particolari in Italia e nel resto dell’Europa, previa approvazione dell’agenzia per la sicurezza alimentare, sarà più semplice e rapido. In un futuro non troppo lontano potremo quindi mangiare in un ristorante thailandese che propone scorpioni, termiti e cavallette, o trovare la carne di coccodrillo nel banco frigo di un supermercato.

Per ora la novità in arrivo da Strasburgo ha suscitato un certo stupore misto a disgusto. Eppure in Sardegna, come ricorda lo chef Flore, gli insetti non sono una novità: da sempre il casu marzu, il formaggio coi i vermi, è considerato una prelibatezza. Ma siamo sicuri che gli chef isolani saranno ostili alla novità?

“Per me non è così strano: ho già avuto a che fare con coccodrilli, serpenti, lucertole e insetti – ci racconta Mario Leoni, chef al Bela Lugosi di Carloforte – anni fa ho lavorato in Germania dove questi alimenti sono usati nella cucina fusion. I rettili? Ricordano la carne di pollo. Gli insetti invece non sono poi tanto diversi dai nostri crostacei che pure consumiamo senza problemi. Non credo che oggi potrei introdurli tra i piatti del mio ristorante, ma non avrei problemi se li vedessi preparati da altri”.

Qualche perplessità invece per Jacopo Lenza, chef cagliaritano che lavora soprattutto in Costa Smeralda: “Ho assaggiato gli insetti, ammetto che non sono la mia passione. In ogni caso ultimamente sto tornando alle materie prime di qualità e non amo le sofisticazioni quindi non credo che li userei nella mia cucina, non per ora almeno. E credo anche che gli Italiani non siano pronti”.

Nessuna chiusura per Marina Pinna, del ristorante Capitolo Due di Cagliari, nel suo menù ci sono già piatti fusion in arrivo da Thailandia, Giappone, India e Cina se pure adattati ai palati occidentali: “La normativa tocca tre aspetti: quello etico, quello economico e quello culturale. Sono aspetti che inevitabilmente si intrecciano ma che nascono da diverse esigenze. Le abitudini di ogni popolo sono così radicate che anche le contaminazioni gastronomiche sono appunto percepite come contaminazioni e quando visitiamo un paese straniero cerchiamo di viverlo in tutte le sue forme compresa quella gastronomica. Da qui va da sé che degustare un cibo per noi non comune non ha lo stesso sapore che avrebbe nei luoghi d’origine. Io stessa propongo un tipo di cucina che arriva dal Giappone e comprendo il limite circostanziale della mia stessa proposta. Non ho mai cucinato ciò che viene oggi inserito nella lista del Novel food, non credo che nella mia attività ci potrà essere spazio per questo, ma i cambiamenti sono lo stimolo per rinnovarsi per cui non escludo nessuna nuova esperienza. Le altre questioni sono più complesse e riguardano sostenibilità, ecologia, necessita di trovare nuove fonti di alimentazione in un mondo in cui forse l’utilità della decrescita potrebbe essere l’unica soluzione”.

(in foto, Mario Leoni)

F.M.

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