Omicidio Dore, i legali del marito Rocca in appello contro l’ergastolo

I legali di Francesco Rocca, il dentista di Gavoi condannato all’ergastolo come mandante dell’omicidio della moglie Dina Dore, avvenuto nella casa di famiglia il 26 marzo 2008, hanno depositato in Corte d’appello a Sassari, il ricorso contro la sentenza di primo grado, pronunciata dalla Corte d’assise di Nuoro il 6 aprile scorso, che ha condannato il dentista alla massima pena.

Gli avvocati Mario Lai e Angelo Manconi hanno documentato le loro motivazioni in un atto di 74 pagine con l’obiettivo di smontare l’impianto accusatorio del processo in tre punti principali: l’attendibilità del supertestimone Stefano Lai, la mancata individuazione dell’anonimo e del confidente e la mancata ricerca dell’unica traccia di Dna presente sulla scena del delitto. Quanto a Stefano Lai – il giovane di Gavoi che ha raccontato agli inquirenti la confessione raccolta dall’amico Pierpaolo Contu, condannato come esecutore materiale del delitto, secondo la quale sarebbe stato lui a uccidere la donna su mandato di Rocca, dietro una ricompensa di 250mila euro o di una casa – i legali del dentista contestano il fatto che il supertestimone sia stato esaminato solo in sede di incidente probatorio “nonostante il codice penale preveda che su quanto ha dichiarato in quella sede gli debbano essere mosse delle contestazioni a dibattimento”. Lai – sempre secondo i difensori – avrebbe inoltre mentito sulla sera dell’incontro con Pierpaolo Contu, l’1 aprile 2008, in cui quest’ultimo gli avrebbe confessato l’omicidio. “Stefano quella sera – sostengono i legali – dice di essere andato di bar in bar con Pierpaolo a Gavoi, mentre invece era in viaggio da Verona ed è rientrato in paese quando i bar erano chiusi. Così come è falso che Stefano Lai il giorno dell’omicidio, dalle 15 alle 23, era a Fonni: è stato smentito dai tabulati della Polizia”. I giudici, dicono sempre gli avvocati di Rocca, “hanno costruito un processo anche sulla base delle dichiarazioni di un anonimo e di un confidente. La mancata individuazione di queste due persone, ha intralciato la giustizia”.

Su questo punto nei giorni scorsi lo stesso Francesco Rocca, come confermato dai suoi avvocati, ha presentato dal carcere una denuncia contro il presidente della Corte d’Assise di Nuoro, Antonio Luigi Demuro, reo di aver suggerito in udienza al teste Antonello Cossu, alla domanda su chi era il confidente, la seguente risposta: “Sarà un confidente anche lui”. Il dentista ha denunciato per lo stesso motivo anche Cossu: lui e il giudice avrebbero “intralciato la giustizia”. L’atto di appello contesta, infine, la mancata ricerca del Dna. “Non è possibile – scrivono i difensori – che l’unico soggetto ancorato al delitto non venga ricercato”. Per oggi è attesa un’altra sentenza importante sul delitto di Dina Dore: quella della Cassazione, che si esprimerà in via definitiva sulla condanna di Pierpaolo Contu.

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