Omicidi di Orune e Nule, pressioni su teste dell’accusa

Clima pesante nell’aula della Corte d’assise di Nuoro per pressioni sui testi dell’accusa nel processo a carico di Alberto Cubeddu, il 21enne di Ozieri accusato degli omicidi di Gianluca Monni, studente di 19 anni di Orune, e Stefano Masala, 29 anni di Nule. La conferma è arrivata dalla deposizione di Michele Taras, fratello di Alessandro, il supertestimone che in sede di incidente probatorio ha raccontato di aver visto Cubeddu bruciare l’auto di Masala utilizzata per uccidere Monni. Alla domanda dell’avvocato di parte civile se conosceva Roberto Pinna, padre di Paolo Enrico, il cugino di Cubeddu già condannato a 20 anni per il duplice delitto, ha risposto di averlo conosciuto solo due ore prima, fuori dal tribunale. E pur non parlando mai di intimidazione, ha raccontato ai giudici di essere stato avvicinato dall’uomo, il quale con tono perentorio ha intimato: “Dovete dire la verità, tanto poi ci sono le intercettazioni”.

Il Pm Andrea Vacca ha poi chiesto a Taras se ricordasse delle minacce ricevute da suo fratello poco prima dell’incidente probatorio nei tribunali di Nuoro e Sassari del giugno 2016. “Le minacce – ha risposto il teste – le ha ricevute nostro fratello Matteo tramite una telefonata. ‘Tu sei il fratello del corvo, cra cra non deve parlare”, gli ha detto qualcuno dall’altro capo del telefono ma non so chi fosse. Dissi a Matteo di rivolgersi subito ai carabinieri. Ne abbiamo parlato il giorno dopo anche con Alessandro, ma lui si è chiuso a riccio”. Dall’altro capo del filo, è stato poi accertato, c’era Francesco Pinna, zio di Paolo Enrico, anche lui imputato nel processo per minacce. Tra i testi anche due amici di Cubeddu, Andrea Deiosso e Antonio Campana, entrambi 22enni. “Con Alberto eravamo amici ma la nostra amicizia si è interrotta dopo gli omicidi – ha rievocato Deiosso – tutti sapevano di un suo coinvolgimento e io non volevo più avere rapporti con lui”. Subito dopo i delitti anche Campana aveva interrotto qualsiasi contatto. “Poi però ho riallacciato – ha precisato il giovane – perché non credevo che potesse arrivare a tanto”. Il processo riprende il 14 dicembre

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