Mesina, ecco le intercettazioni. Nella banda anche un avvocato

“Foraggio”, “macchine”, “appartamenti”, “documenti”, “terra”. Gli esponenti dell’organizzazione capeggiata da Graziano Mesina usavano questi nomi per parlare delle partite di droga che arrivavano in Sardegna da Milano.

“Foraggio”, “macchine”, “appartamenti”, “documenti”, “terra”. Gli esponenti dell’organizzazione capeggiata da Graziano Mesina usavano questi nomi per parlare delle partite di droga che arrivavano in Sardegna da Milano. Si legge nelle 149 pagine di ordinanza del Gip di Cagliari, Giorgio Altieri – l’inchiesta è coordinata dalla Dda del capoluogo sardo – che descrive dettagliatamente gli incontri avvenuti nell’Isola e a Milano e i viaggi di Mesina e degli altri personaggi coinvolti della vicenda, primo fra tutti Gigino Milia con il quale l’ex ergastolano avrebbe gestito il traffico di droga fino al 2009.

Al centro di alcune intercettazioni una partita di droga di pessima qualità che l’organizzazione avrebbe cercato di “recuperare” e che sarebbe costata la fine della collaborazione tra Mesina e Milia. In una telefonata, parlando con uno dei suoi referenti calabresi, Milia riferisce dei problemi legati allo stupefacente. “Il ragazzo ha sbagliato”, dice facendo riferimento all’albanese che gli aveva venduto la droga. E il calabrese risponde di provare “ad aggiustarla”. Milia: “Ci abbiamo provato ed è diventato un pastone per maiali! No, no è da rottamare proprio. No, non va bene neanche cercando di… con l’altro… Non va bene perché diventa un pastone completamente. Ci ho perso anche l’altro”. Nell’intercettazione il calabrese propone di mandarla a lui. Nelle successive conversazioni Milia, riferendosi ancora alla droga di scarsa qualità e al traffico di stupefacenti dice: “C’ho tutta… quelle macchine li smontate… da rottamare che non servono a niente. Quella non si può fare proprio, zero zero, completamente. Se si calma – facendo in qualche modo riferimento ad alcuni problemi poi risultati essere un arresto in flagranza – la lascio parcheggiata poi magari mando i pezzi su”.

Particolarmente interessanti anche le intercettazioni avvenute poco tempo dopo l’arresto di Antonello Mascia, che custodiva lo stupefacente di scarsa qualità ricevuto dall’albanese. In queste conversazioni entra in gioco anche l’avvocato Corrado Altea – nelle intercettazioni viene chiamato “l’avvocato” e “Il Corrado” – difensore di Antonello Mascia. Emerge che il legale non avrebbe parlato della linea difensiva, ma del luogo in cui aveva nascosto la droga. Milia parlando con l’albanese dice: “Deve pazientare un paio di giorni perché lui deve andare là. L’avvocato da lui, a sapere dove ha messo tutto il discorso… Deve andare a colloquio… Per farsi spiegare dov’è perché io non so niente. La moglie… sono andato e non sa niente. E non glielo vuole dire. Lo dice all’avvocato”.

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