Diana, il soldato: “A noi il cancro, ai cani poliziotto le medaglie”

Prima era la Asl 7, ora direttamente il ministero della Difesa. Per Marco Diana, di Villamassargia, 44 anni appena compiuti, maresciallo dell’Esercito italiano, corpo dei Granatieri di Sardegna, in congedo per causa di servizio, non c’è pace. La sua guerra contro un male incurabile scatenato dall’esposizione all’uranio impoverito nei teatri di guerra di mezzo mondo, la combatte su più fronti, contro la malattia e contro uno Stato che si “dimentica” dei suoi soldati. Ha un tumore da 15 anni, e tra il 1992 e il 1993 ha partecipato all’operazione Restore Hope, in Somalia dove furono utilizzati appunto proiettili all’uranio impoverito.

LEGGI L’INTERVISTA DI APRILE“ Vivo di ora in ora. Non mi è più consentito curarmi in modo adeguato. E’ una situazione che mi sta uccidendo”.

E siccome Marco Diana è un soldato abituato a combattere, con un annuncio forte sul social network più noto al mondo, Facebook, posta un messaggio-annuncio che pesa come un macigno sulle coscienze di una società che si definisce civile: “ metto in vendita la mia casa per potermi pagare le cure e l’assistenza di cui ho bisogno”.
Poche parole che però, in poche ore, provocano l’interesse e la solidarietà di centinaia di persone indignate per la denuncia pubblica di questo soldato “dimenticato” dallo Stato che lui stesso ha difeso.

La storia di Marco Diana è lunga di almeno quindici anni, da quando cioè, nel 1998, gli viene diagnosticato per la prima volta un carcinoma endocrino, un cancro che difficilmente lascia scampo. Da lì inizia il suo calvario contro una terribile malattia e contro lo Stato, tanto che per il riconoscimento della malattia professionale derivante da causa di servizio, deve ricorrere alla magistratura civile ordinaria. Battaglie durate anni. Poi, finalmente, arrivano i risultati: l’accoglimento della causa di servizio con la dichiarazione di “ grande invalido militare” da parte del ministero della Salute. E viene messo in congedo con una pensione a vita. Inoltre la Difesa assegna al soldato “ogni prevista elargizione e sussidio per rimborso spese, ivi compresi gli integratori alimentari, indispensabili per la cura e l’assistenza del paziente”.

Ritardi di sei mesi e una burocrazia infinita, così la racconta il maresciallo Diana:
“La procedura di rimborso è abbastanza semplice: tutte le spese da me sostenute per la cura e l’assistenza sono regolarmente quietanzate. Così il ministero della Difesa, entro 60 giorni, provvede ad effettuare l’accredito. Le spese sostenute nell’anno 2012, circa 40 mila euro, sono state presentate regolarmente a fine gennaio. Da allora non ho visto ancora un centesimo di rimborso”.

Quindi ha chiesto aiuto al Comando Militare della Sardegna?
“ Esatto. Ho contattato l’ufficio gravi patologie del Comando il quale, però, mi ha rimandato direttamente al ministero della Difesa perché, come ha precisato il responsabile del servizio, il generale Tozzi, non hanno più competenza sull’assistenza ai pazienti gravi”.

Quindi dal ministero cosa hanno risposto?
“ Circa venti giorni fa sono riuscito a mettermi in contatto con gli uffici competenti per sollecitare la mia pratica e mi è stato risposto che sta seguendo l’iter burocratico di tutte le altre pratiche”.

Ossia?
“Dagli anni ’90 ad oggi, i casi come il mio sono passati da alcune centinaia a circa 3000. Questo dato rende chiaro la dimensione del problema. E tutti siamo nella stessa situazione, solo che i miei “colleghi” pazienti, sparsi in tutta Italia, tacciono per paura”.

Quindi ora, per poter far fronte alle sue spese di cura e assistenza, in attesa di poter avere i rimborsi, ha deciso di vendere la casa?
“Certo. Non posso fare altrimenti. Mi sono già venduto tutti gli oggetti di valore che possedevo. Ora mi resta solo la mia casa ed un terreno, frutto di anni di sacrifici e della mia stessa vita, che venderò ad un prezzo conveniente perché ho premura di realizzare la somma che mi occorre per far fronte alle mie spese di assistenza. Da fine mese non so neppure come farò a pagare la persona che mi assiste quotidianamente nelle faccende personali”.

Lei, pubblicamente, ha rinnovato il giuramento di fedeltà verso la bandiera italiana e il popolo italiano, perché?
“ Perché nonostante tutto i miei valori di devozione alla Patria per me restano saldi. Sono gli uomini che la rappresentano che non gli fanno onore. Vorrei sapere che differenza c’è tra me e un soldato che muore in battaglia mentre, ad esempio, tenta di difendere i propri compagni. La medaglia d’oro al valor militare dovrebbe essere un atto dovuto verso tutti coloro che hanno donato la propria vita per la Patria. Invece alcuni anni fa, sono stati insigniti cinque cani poliziotto con questa importante onorificenza, mentre noi veniamo dimenticati, anche in occasione delle grandi ricorrenze della Repubblica Italiana”.

Cosa conta di fare, ora?
“ Non escludo di andare a chiedere direttamente al Presidente della Repubblica, magari davanti all’Altare della Patria, che lo Stato non si dimentichi dei suoi servitori che si sono sacrificati, con la propria vita, in nome di quegli ideali di libertà e democrazia che la nostra bandiera rappresenta”.

Carlo Martinelli

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