Marco Carta, un arresto non illegittimo. Il giudice: ‘Gli indizi erano troppo vaghi’

Gli “elementi di sospetto sono del tutto eterei, inconsistenti”, la “versione degli imputati non è allo stato scalfita da alcun elemento probatorio contrario”. Lo scrive il giudice di Milano Stefano Caramellino nell’ordinanza con cui lo scorso primo giugno non ha convalidato l’arresto di Marco Carta per furto. Il giudice parla di “carenza di gravità indiziaria” per Carta, difeso dal legale Simone Ciro Giordano, e di un arresto che “non può ritenersi legittimo”.

Per il giudice della sesta sezione penale di Milano “l’unico teste oculare”, ossia il vigilante della Rinascente, “ha descritto un comportamento anteriore” di Carta e della sua amica di 53 anni “che ha giudicato sospetto”, ma “gli elementi di sospetto” sono “inconsistenti”, anche perché “è normale che due acquirenti si guardino spesso attorno all’interno di un esercizio commerciale” e l’ipotesi che “essi stessero controllando se erano seguiti da personale dipendente è formulata in modo del tutto ipotetico e vago”.

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In più, anche il fatto che si siano recati in un piano diverso per provare le magliette (sei al prezzo di 1.200 euro) “è compatibile con il proposito di trovare un camerino di prova libero”, dato che “grande era l’affollamento” quella sera del 31 maggio per il ‘Black Friday’. Per il giudice, poi, “il fatto che lo sguardo dell’addetto alla vigilanza non sia stato fisso sui due arrestati è riscontrato dal fatto che neanche lui ha affermato di avere visto l’inserimento degli abiti nella borsa, né ha precisato in mano a chi fosse la borsa dopo che era stata appoggiata nel ‘camerino’, né ha affermato di aver sentito alcun rumore compatibile con la rottura delle placche anti taccheggio”. Per il giudice, quindi, non si può dire che la rottura delle placche sia avvenuta “in tempo successivo al primo inserimento dei vestiti nella borsa dell’imputata”.

Carta, conclude il giudice, all’uscita della Rinascente “non deteneva la borsa contenente i vestiti sottratti”. Ce l’aveva, assieme al cacciavite, la sua amica. Per il giudice “nessuna circostanza descritta nel verbale d’arresto”, eseguito dalla Polizia locale, “costituiva sufficiente sintomo” del concorso di Carta nel furto.

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