La vita di Cossiga nei racconti della figlia: il legame con la Sardegna e i rapporti con i politici

Il primo ricordo che ha del padre è a Sassari quando faceva per lei e per il fratello la casette di carta. Lo descrive come un uomo severo, rigido, serio da giovane “non dovete pensare al picconatore, o al presidente emerito, giocoso e allegro”. Lo racconta Anna Maria Cossiga, figlia dell’ex presidente della Repubblica Francesco morto nel 2010, in un’intervista al Corriere della Sera. In due pagine la figlia di Cossiga racconta diverse sfaccettature del padre, soffermandosi sui rapporti che aveva con i politici, con le istituzioni, ma anche sulla sua terra, la Sardegna. Tra i giochi che faceva con i figli oltre alle casette di carta “ci faceva disegnare le bandiere di tutti i Paesi – racconta la figlia -, per prima quella del Regno Unito, così complicata, ma anche degli Stati africani. Poi ci insegnava gli inni nazionali, bofonchiando. Non l’ho mai sentito cantare in vita mia. Però adorava ascoltare l’inno della brigata Sassari. Muoveva le braccia come per dirigerlo ed era felicissimo”.

Anche se non lo amava, portava spesso i figli a mare: “Anche d’inverno, a far volare sulla spiaggia di Platamona gli aquiloni che fabbricava mia madre – racconta ancora Anna Maria Cossiga al Corriere della Sera -. Babbo però non amava il mare, preferiva la montagna. Da bambini andavamo in vacanza in Alto Adige: San Candido, Dobbiaco, Brunico. Babbo ha sempre amato le terre di confine, quelle che chiamava le piccole patrie. Forse gli ricordavano la Sardegna, un’isola dalla forte identità”. Adorava l’Irlanda: da adulta lo accompagnavo in vacanza, a visitare castelli, a cenare nelle locande, ad ascoltare la musica nei pub. Cantavo per lui una canzone, Molly Malone… E poi la Catalogna e i Paesi baschi”.
Anna Maria Cossiga ricorda del trasferimento a Roma nel 1968 quando Francesco Cossiga divenne sottosegretario alla Difesa: “Prima da deputato tornava a Sassari ogni week-end. Andammo a stare tutti insieme alla Balduina“.

Nella lunga intervista al Corriere si parla dei rapporti che Francesco Cossiga aveva con i politici, primo fra da Berlinguer, con cui aveva “una frequentazione tra politici, non tra parenti. Berlinguer non me l’ha mai presentato, con mio grande dispiacere. Forse pensava fosse pericoloso. Dopo il partito sardo d’azione e il partito repubblicano, votavo comunista. Babbo mi chiamava la bolscevica, la miscredente” fino a Giulio Andreotti con cui il rapporto era “un po’ freddo – racconta -. Però quando mi stavo laureando, con una tesi sugli ebrei romani, babbo mi mandò da lui, dicendo che mi avrebbe indicato fonti e testimoni. Andreotti fu gentilissimo. Ogni tanto andavo a prendere il caffè con lui al Senato. Quando poi finì sotto processo, babbo lo difese a viso aperto. Era certo che le accuse fossero del tutto infondate”.

Considerava il fascismo “il male assoluto. Veniva da una famiglia fortemente antifascista”. Nell’intervista si parla anche di Aldo Moro, definito “il maestro di politica”.

“Aveva per lui grande ammirazione e grande affetto – racconta Anna Maria Cossiga -. Si decise di anteporre lo Stato. Lui era d’accordo, ma fu un colpo terribile. Subito gli venne questo ciuffo di capelli bianchi…”. Quando giunse la notizia dell’assassinio “ne soffrì enormemente. Ogni tanto ripeteva: ‘L’ho ucciso io’. E non nel sonno, com’è stato scritto. Da sveglio”, conclude.

Tra i tanti ricordi descritti nella lunga intervista anche i problemi di salute: “Curava la depressione racconta la figlia di Cossiga – . Era bipolare. Lui stesso parlava dell’omino bianco — gioioso, allegro — e dell’omino nero, che vedeva tutto negativo. È una delle tante cose che ha passato anche a me, anche se in forma più leggera. Ma mi ha insegnato anche a non vergognarmi di avere un disagio psicologico”.

E poi l’ultimo annoi di vita quando si ammalò: “Era come se non avesse più voglia di vivere racconta la figlia -. Cadde in coma, poi si svegliò, sembrava potesse riprendersi; invece ebbe una perforazione all’intestino, e se ne andò. Lasciò un testamento, con indicazioni dettagliate per il funerale: sulla bara dovevano esserci la bandiera sarda dei quattro mori e il tricolore italiano. Andammo a Sassari con un aereo militare. Dall’aeroporto alla città sfilammo tra due ali ininterrotte di folla”.

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