Unione e Nuova, ritorno al passato

“Si rende noto che la società Finegil Editoriale Spa ha incorporato l’Editoriale La Nuova Sardegna società per azioni. L’incorporante rileverà a tutti gli effetti ogni rapporto giuridico attivo e passivo riferito alla suddetta società. Pertanto a partire dal 13 dicembre 2013 tutti i rapporti contrattuali in essere con Editoriale La Nuova Sardegna Spa sono da riferirsi a Finegil Editoriale Spa, sede legale in via Cristoforo Colombo 98, 00147 Roma”. Firmato Antonio Esposito, consigliere Finegil (leggi il documento originale).

Tradotto: La Nuova non è più un giornale sardo. Si concretizza cioè quanto preannunciato a fine luglio (leggi): dopo 120 anni lo storico giornale sassarese lascia l’Isola e va ad ingrossare la cassaforte dei giornali locali del gruppo De Benedetti. Si ripete in scala quanto già avvenuto per il Banco di Sardegna, rilevato dalla Banca popolare dell’Emilia Romagna, malgrado la mobilitazione della redazione, del mondo politico e dell‘informazione. La situazione rimane comunque tesa. A complicare ulteriormente le cose, negli ultimi giorni, ci ha pensato una causa intentata da un giornalista trasferito da Cagliari a Nuoro.

Tornando all’incorporazione: gli effetti dell’operazione sono molteplici. In primis, comporta il trasferimento della sede legale da Sassari a Roma. Questo significa che le imposte pagate fino a pochi giorni fa in Sardegna, dal 13 dicembre finiscono nelle casse dell’erario romano. Quantificare i mancati introiti non è semplice, ma se si considera che il bilancio 2012 dell’Editoriale La Nuova Sardegna, al netto delle imposte, è pari a 5,2 milioni di euro, si parla di un cifra intorno ai 3 milioni di euro. Nell’Isola sarà pagata solo l’Irap, peraltro ‘scontata’ del 70%, come previsto da una norma approvata di recente dal consiglio regionale.

L’unico dato positivo riguarda i premi e le indennità appannaggio dei giornalisti, che come richiesto e ottenuto dal Comitato di redazione (insieme alle rassicurazioni sull’autonomia del giornale), saranno calcolate a valere sul bilancio della testata e non commisurati al bilancio generale di Finegil. Ciò non toglie che per tutto il resto, l’incorporazione potrebbe far pesare anche sul bilancio de la Nuova, ben in attivo, eventuali conti in rosso di altre testate del Gruppo.

Ma quando si parla di giornali, all’aspetto squisitamente economico e finanziario si accompagna in parallelo anche quello relativo alla qualità dell’informazione. In questo senso la ‘ristrutturazione’ della Nuova è già stata avviata con l’addio alla sede cagliaritana. Una mossa che potrebbe avere anche conseguenze economiche legate alla pubblicità istituzionale della Regione, se è vero che con i nuovi criteri decisi dalla giunta Cappellacci, a partire dal 2014 il quotidiano (ex) sassarese non sarebbe più considerato di caratura regionale e potrebbe quindi perdere provvidenze tra il milione e il milione e mezzo di euro.

In tutto questo la diretta concorrente, ovvero L’Unione sarda, non è stata certo a guardare. Facendo il contrario di quanto ci si potesse aspettare. Secondo fonti ben informate infatti, il quotidiano di Sergio Zuncheddu si prepara a chiudere – o quantomeno tagliare drasticamente – le redazioni di Sassari e Olbia a partire dal prossimo 10 gennaio. Un’operazione sostanzialmente simmetrica a quanto messo in atto dalla proprietà della Nuova Sardegna, che conferma di fatto quanto riportano gli ambienti imprenditoriali isolani sui buoni rapporti tra i due editori.

Con questi segnali, il timore è chiaro: tornare indietro di quarant’anni, quando il dominus dell’informazione isolana – e non solo – si chiamava Nino Rovelli (nella foto), ingegnere milanese politicamente vicino a Giulio Andreotti. L’uomo di Olgiate Olona aveva acquisito sia l’Unione che la Nuova, dopo aver realizzato il petrolchimico di Porto Torres attraverso la Sir (Società italiana resine), acquistato la Rumianca di Macchiareddu e infine, insieme con Angelo Moratti e la Saras, il Cagliari Calcio. Nel 1970 arriva lo scudetto, nel 1976 il crac della Sir e la Serie B. Insomma, Rovelli si era comprato l’Isola. Con i soldi dei sardi, peraltro, visto che i denari provenivano in larga parte dal Credito industriale sardo. Un periodo dai più definito eufemisticamente ‘cupo’, che portò il poeta Alberto Masala a ribattezzare polemicamente l’Isola in “Sirdegna” e il Gruppo Rubanu di Orgosolo, nella celeberrima Pratobello firmata da Giuseppe Rubanu, a denunciare le regalìe fatte ai nuovi padroni continentali: “Sos contadinos e-i sos pastores / E totu canta sa zente famia / Isetavan concimes e tratores / Pro aer pius late e pius pane / Invetze’ totu an dadu a sos sinniores / A Rovelli, Moratti e s’Agacane”. Ovvero: “I contadini e i pastori / E tutti gli affamati / aspettavano concimi e trattori / Per produrre più latte e più pane / Invece hanno dato tutto ai Signori / A Rovelli, Moratti e all’Aga Khan”.  

Gli effetti dell’era Rovelli, archiviata con il fallimento della Sir nel 1981, si possono ben immaginare: la concentrazione dell’informazione nelle mani di un solo soggetto e una spartizione – non scritta ma ben percepibile – per cui L’Unione concentra le attività nel sud Sardegna, mentre La Nuova diventa il quotidiano del nord dell’Isola. La svolta nel 1981, quando il quotidiano fondato da Enrico Berlinguer (nonno dell’omonimo segretario del Pci) passa al Gruppo Espresso, mentre L’Unione viene acquisita da Nicola Grauso quattro anni più tardi. Ma oggi, viste le rispettive smobilitazioni, il timore di un ritorno al passato appare assai fondato.

Pablo Sole

sole@sardiniapost.it

 

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