Il dolore del paese: “Umberto, un ragazzo d’oro, ucciso mentre si guadagnava il pane”

Quando a Noragugume si è sparsa la voce del duplice omicidio – stamattina poco dopo le 8,30 –  il paese è precipitato nuovamente nell’incubo: lo spettro di quella faida che tra il 1998 e il 2000 l’ha insanguinato, otto morti ammazzati. Eppure nessuno si è chiuso in casa: a decine hanno raggiunto la località Bira Birdis, nella piana di Ottana, dove giacevano i corpi senza vita di Bruno Nieddu, 74 anni, e del figlio Umberto, 26, che poi sono stati traslati, a disposizione della magistratura, nell’obitorio di Oristano.

Michele Corda, il sindaco del paese (350 abitanti e un’economia legata all’allevamento del bestiame), non crede al legame tra il duplice omicidio e la faida: ”Umberto all’epoca aveva 9 anni e, che io sappia, né Bruno né altri della sua famiglia hanno avuto alcun coinvolgimento diretto o indiretto con quei fatti”. Uno scetticismo che trova alimento nel ricordo doloroso della più giovane delle vittime: “Non ci sono parole – continua il sindaco – Un ragazzo 26 anni ammazzato mentre andava al lavoro a guadagnarsi il pane. Un ragazzo solare e benvoluto da tutti”.

Ma allora cosa c’è dietro il delitto? La polizia di Nuoro conferma l’assenza di legami diretti con la faida. L’unico elemento di contatto è il proprietario del fondo dov’è avvenuto l’agguato:  una persona coinvolta nella catena di regolamenti di conti. Un’altra possibile pista porta alla volta in cui Bruno Nieddu fu testimone nel processo per un omicidio, quello di Aldo Spada, avvenuto nel 1999. Inoltre, nel 2007, subì un attentato dinamitardo contro l’abitazione. Non ebbe gravi conseguenze, ma ora quell’episodio chiarisce che l’anziano allevatore aveva certamente dei nemici.

Umberto, il “ragazzo d’oro”, come lo ricordano i compaesani, certamente no. Ieri sera era a Borore, con gli amici, nella pizzeria “Sos duos nuraghes”, allegro e sorridente. Anche se la sua non era una vita semplice. La madre, dopo la separazione dal padre, è andata a vivere in provincia di Cagliari e anche la sorella da tempo ha lasciato la casa. Umberto e il padre vivevano assieme, da soli. E assieme lavoravano sodo.

Avevano preso in affitto una decina di ettari di terreni comunali e l’attività andava bene. Passo dopo passo, il numero dei capi ovini era cresciuto fino a oltre trecento e,e pietra dopo pietra, l’azienda era cresciuta. Erano riusciti a mettere su un capannnone a stavano per dotarsi di una mungitrice.

Avevano appunto appena concluso la mungitura e si accingevano a rientrare in paese col loro Fiat Fiorino quando sono stati assassinati. Il corpo di Umberto è stato trovato fuori dall’auto, quello del padre all’interno dell’abitacolo. Il delitto è stato scoperto da un amico, un altro allevatore, che ha chiamato più volte Bruno Nieddu e si è subito allarmato per quel cellulare che squillava a vuoto. Ha raggiunto l’azienda, ha trovato i due cadaveri e ha subito dato l’allarme.

I rilievi della polizia scientifica sono ancora in corso. Pare che non siano stati trovati bossoli e non si conosce ancora i numero dei colpi sparati ai killer. Per la procura di Oristano l’inchiesta è seguita dal pubblico ministero Rossella Spanu.

Maria Giovanna Fossati

 

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