Il ‘David’ di Cabiddu: “Il riconoscimento deve servire al film, non al regista”

Aveva avuto nove incredibili nomination al “David di Donatello“, il nostro “Oscar”, assai meritate. “La stoffa dei sogni” di Gianfranco Cabiddu ha portato, infine, a casa un premio rilevante, quello per “la migliore sceneggiatura adattata”. Il regista sardo ha condiviso il riconoscimento con Ugo Chiti e Salvatore Di Mola con cui ha firmato lo script del film tratto abilmente da “La tempesta” di William Shakespeare e da “L’arte della commedia” di Eduardo De Filippo. È stata sicuramente una serata magica, quella della notte del 27 marzo, per Cabiddu e per il cinema sardo. Dunque, dopo questo grande momento di emozione e soddisfazione, raggiungiamo al telefono il regista cagliaritano; vogliamo conoscere le sue prime sensazioni, dovute a una vittoria per un lungometraggio, le cui qualità artistiche sono state evidenziate da gran parte della critica.

“Sono molto contento. Si tratta di un premio importante che riconosce l’impegno di chi ci ha lavorato con passione e con cui veramente lo condivido, nonché omaggia la tradizione del teatro di Eduardo a cui il film si ispira”.

In passato eri già stato in lizza per questo premio…

“È il mio primo ‘David’. Ero già entrato varie volte, sin dal mio esordio con ‘Disamistade‘ nelle cinquine, ma non avevo mai vinto e la sensazione che ho avuto è stata bella per l’affetto sentito attorno a me. Ho colto un applauso caldo da un ambiente che conosco da trenta anni e che, in quel momento, mi ha tributato un apprezzamento professionale e, appunto, d’affetto. In quell’istante avrei voluto ringraziare tutti i miei collaboratori e chi ha reso possibile il film, ma mi è sembrato giusto ricordare Luca De Filippo, scomparso un anno e mezzo fa, il quale è presente anche nella ‘Stoffa dei sogni‘, ma soprattutto è stato un grande amico e parte di un modo di fare teatro straordinario, di cui troviamo tracce nel film”.

Questo riconoscimento aiuterà, in qualche modo, “La stoffa dei sogni”?

“Certo, i premi dovrebbero servire non ai registi, ma proprio ai film. Spero sia un’occasione affinché la ‘Stoffa dei sogni’ riprenda a girare, magari anche nelle scuole. Vorrei che quella poesia capace di catturare chi ha visto il film, venisse ancora sentita da altri spettatori, anche perché ho sempre detto come fosse un’opera, nello stesso tempo, popolare e colta, diretta a un pubblico diversificato, bisognosa di una platea allargata. Senz’altro, ieri, si è evidenziata una contraddizione del cinema italiano: questi film scelti dall’Accademia del ‘David di Donatello’ (di cui anche io faccio parte; serve, infatti, per entrarci almeno una candidatura), per la maggior parte, sono usciti in sala poco e male. Penso alla “Ragazza del mondo” di Marco Danieli o a “Indivisibili” di Edoardo De Angelis distribuiti quasi con distrazione. Ovviamente è necessaria per il cinema italiano di qualità più cura e più attenzione”.

Hai visto, quindi, i film premiati ieri? Ne hai preferito uno in particolare?

“Li ho visti quasi tutti, però non ha senso fare classifiche, perché le nomination sottolineano un ventaglio di prove artistiche diverse e interessanti. Come ha detto Roberto Benigni, è giusto essere uniti e festeggiare tutti insieme il nostro cinema. Peraltro, sono estremamente contento anche per Mario Piredda e per il suo premio come migliore cortometraggio. Ho avuto la sensazione positiva di due generazioni del cinema sardo e ho ricordato come, quando ho iniziato con ‘Disamistade’, mi ritenevo un regista in una sorta di deserto. Tanto è cambiato… Ho, poi, riflettuto come il premio ricevuto sia un grande omaggio pure all’isola dell’Asinara, che, da territorio ‘oppresso’, ora è tornato a noi sardi e l’Asinara è patrimonio sia nostro sia del mondo, dovremo, dunque, occuparci di valorizzarla come merita”.

Elisabetta Randaccio

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