Giganti sulle magliette, giganti nelle vetrine, giganti sulle etichette del vino e sulle insegne dei negozi, sugli accendini e sui calendari, sulle locandine dei concerti rock. Ci danno il benvenuto all’ingresso di municipi, tribunali, nei chioschi sul mare, addirittura nei supermercati tra cassette di frutta e verdura.
Da appena un anno, dopo un lungo e travagliato lavoro di restauro, le statue nuragiche in arenaria di Mont’e Prama sono state restituite all’isola e già la loro immagine è sfruttata in lungo e in largo (come documentano le fotografie raccolte nei mesi scorsi dall’archeologa Anna Ardu) da enti pubblici e soprattutto da tanti privati. Simbolo identitario, immagine di un rinnovato interesse per il nostro passato o semplicemente furbata di marketing per acchiappare clienti?
Lo abbiamo chiesto a Claudia Firino, assessore alla Cultura della Regione Sardegna, i suoi uffici stanno in queste settimane mettendo a punto un bando per il piano di comunicazione sulle statue di Mont’e Prama: un servizio da 350 mila euro che sarà affidato a una società per raccontare la storia dei Giganti al mondo e soprattutto alla Sardegna, da anni rimasta all’oscuro di questa parte del suo passato.
Assessore, i Giganti al supermercato come promoter tra cassette di frutta e verdura. Cosa ne pensa?
Ho visto, basta guardarsi attorno per rendersi conto che le statue nuragiche sono spesso usate in contesti che non hanno niente a che fare con la cultura. Con la Soprintendenza Archeologica della Sardegna abbiamo condiviso alcune riflessioni sulla tutela del patrimonio archeologico e sulla banalizzazione che spesso si fa della storia antica e dei suoi simboli: certo, se l’obiettivo è divulgare e rendere accessibili alcuni contenuti da addetti ai lavori allora si può ragionare, ma non sono d’accordo se per altre finalità si compromette l’immagine delle statue e si svilisce la ricerca scientifica degli studiosi.
Dal marketing alla scienza: sul tema dei Giganti l’archeologo Rubens D’Oriano accusa gli ‘improvvisati dell’archeologia’ di inquinare un dibattito culturale serio.
Condivido quanto sostiene D’Oriano. Non è questione di snobismo, esiste un confine tra divulgare la conoscenza e fare fantarcheologia.
Parliamo della comunicazione su Mont’e Prama: sono previsti 350mila euro all’interno dall’accordo ‘Musealizzazione delle sculture di Mont’e Prama e piano di gestione’ da 2 milioni di euro. A che punto siamo?
L‘accordo, oltre due milioni di euro finanziati dal Cipe, è gestito da un gruppo di lavoro che comprende Soprintendenza, Comune di Cabras e Assessorato regionale alla Cultura. In un primo momento ci siamo concentrati sulla parte infrastrutturale con l’ampliamento del museo di Cabras e sulla tutela del sito archeologico, anche grazie alla collaborazione con l’Assessorato all’Ambiente e il Corpo Forestale. Ora stiamo lavorando sul piano di comunicazione e gestione sul quale ho dato due linee di indirizzo: una valorizzazione che guardi con pari dignità al panorama locale e a quello nazionale e internazionale, e la conoscenza indirizzata al grande pubblico e alle generazioni più giovani. È importante che anche all’interno del nostro territorio venga diffuso un messaggio corretto sulla storia delle statue di Mont’e Prama e del loro ritrovamento, così come è utile formare le nuove generazioni che domani dovranno farsi carico di questo patrimonio culturale e identitario. Proprio in questi giorni stiamo valutando dettagli e tempi per il bando di affidamento del piano di comunicazione: cercheremo persone esperte e professionalità specifiche che lavoreranno su indicazioni dell’Assessorato alla Cultura verso i canali comunicativi tradizionali e sui nuovi media. Il bando sarà pubblicato verosimilmente in autunno.
In tanti accusano il mondo accademico e la politica di avere ‘nascosto’ la storia dei Giganti dentro ai magazzini della Soprintendenza. Restituire ai Sardi quarant’anni di storia dimenticata si può?
Certamente, il nostro obiettivo è quello. È un discorso che oggi riguarda Mont’e Prama e l’archeologia ma che dobbiamo allargare agli ambiti di storia, lingua e tradizioni dove in questi ultimi anni è stato perso molto terreno. Il lavoro sulla scuola, ad esempio: abbiamo approvato le direttive sull’insegnamento della lingua sarda, sembrerebbe un discorso a parte ma non lo è perché tramite quegli insegnamenti si difende e si trasmette la nostra identità. Dobbiamo lavorare su più fronti per recuperare quanto è stato smarrito finora, capire che educazione, turismo e comunicazione sono parti inscindibili di uno stesso percorso culturale.
Francesca Mulas