Fondi ai gruppi, ecco la “pista informatica”

Oggi il pc sequestrato a dicembre a Franco Ignazio Cuccu, ex tesoriere Udc, viene consegnato al perito nominato dalla Procura. Cosa sta cercando il pm?

C’è un computer messo sotto sequestro nell’inchiesta sui fondi ai gruppi del Consiglio regionale. Il suo proprietario è Franco Ignazio Cuccu, uno dei 68 consiglieri indagati per peculato, tesoriere dell’Udc nella passata legislatura. Oggi il disco rigido del pc viene consegnato al perito nominato dal pm Marco Cocco, titolare dell’inchiesta. Ma a contare più di tutto è che si apre una “pista informatica” nell’indagine che ha sconvolto la politica sarda.

Cosa stia cercando precisamente il pubblico ministero, non è dato saperlo. Ma tutto fa pensare che il provvedimento di sequestro (avvenuto lo scorso 16 dicembre) vada collocato in quella parte dell’inchiesta che si occupa dei tentativi di “riordinare” la contabilità interna. Qualcosa che richiama il caso di quei consiglieri regionali sotto inchiesta che hanno presentato fatture senza il nome del pagatore. Fatture mute, le hanno ribattezzate gli inquirenti con la sensazione che siano tentativi di ricostruire a posteriori le spese contestate dalla Procura.

Il computer sequestrato a Cuccu è un notebook Packard Bell. E oltre a questo, gli ufficiali di polizia giudiziaria hanno portato via pure due pen drive di marca Cruzer, rispettivamente da 4 e 8 gigabytes. Partono ora gli “accertamenti tecnici non ripetibili” per “controllare e acquisire il contenuto del disco rigido”. Oggi,, quando il pc viene affidato al perito della Procura, Cuccu e il suo legale Massimiliano Ravenna potranno nominare il consulente di parte.

Da tempo l’inchiesta sui fondi ai gruppi procede su due binari paralleli. Quello principale è la verifica della cosiddetta “inerenza” delle spese. La verifica dei giudici consiste nel confronto tra le spese dichiarate e il fatto che siano o meno riconducibile all’attività del gruppo consiliare. E non, per esempio, ad attività personali, anche se di natura politica del singolo consigliere. E’ stata proprio una valutazione di “non inerenza” a determinare la condanna del consigliere regionale dell’Italia dei Valori Adriano Salis.

L’altro filone attiene alla corrispondenza tra la spesa dichiarata nelle fatture e la spesa reale. Da questo punto di vista, il caso più clamoroso è stato quello del consigliere Carlo Sanjust che ha tentato di far passare per costi inerenti convegni e incontri di carattere politico il conto della sua festa di matrimonio (un banchetto da 25mila euro). In questo filone è decisivo il confronto tra le fatture prodotte e la memoria delle attività svolte in quegli stessi periodi.

Ma questo è anche il versante più delicato dell’inchiesta perché la mancata corrispondenza tra quanto dichiarato e destinazione reale dei fondi ai gruppi configura l’ipotesi di un tentativo di inquinamento probatorio. D’altra parte gli arresti fino a ora ordinati dalla Procura di Cagliari – cioè quelli di Sanjust, Mario Diana e Sisinnio Piras – sono stati originati proprio dalla possibilità che le fatture venissero “taroccate”. Le sole “spese pazze”, nemmeno le più sconcertanti, hanno fino a ora determinato alcun provvedimento di custodia cautelare.

Alessandra Carta

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