A Malta i “Coup de dés” di Anna Marceddu

Arbitri di destini casuali e capricciosi i dadi sono stati per secoli un passatempo democratico, un gioco d’azzardo per eccellenza, fin dall’antichità preferito indistintamente da sovrani, gentiluomini e popolani. Sui tavoli intarsiati dei saloni nobiliari o sui banchi delle osterie, i dadi sono stati bizzarri e imprevedibili compagni di ventura e di sventura di molti uomini.

Per Giulio Cesare erano metafora di decisioni definitive: “il dado è tratto” disse passando il Rubicone a significare un passo irrevocabile. Per Mozart, che realizzò il “Musikalisches Würfelspiel” (letteralmente “gioco musicale con i dadi”) fu anche un semplice gioco che permetteva di comporre musica senza mai averla studiata. Da matematico Galileo Galilei si sforzò invece di comprendere le probabilità e le frequenze dei numeri nell’impossibile impresa di razionalizzare l’irrazionale per indovinarne le possibilità di vincita.

I dadi sono il tema della mostra “Coup de dés” della fotografa Anna Marceddu che si svolgerà a Malta. A Lc-Ċittadella dal 7 al 30 luglio allo spazju Nru2, e al Gozitano Agricultural Village di Gozo dal 7 agosto al 29 settembre. Il senso di questo lavoro fortemente concettuale e simbolico è descritto dalla fotografa nel testo di presentazione:  “Cubi perfetti, tetraedi, icosaedri, cubi sghembi, prismi, dadi sferici, forme a tre dimensioni. Tutte con il medesimo segreto: quale faccia (numero) mostrerà al termine dei suoi rotolamenti e rimbalzi? La fotografia gioca a dadi con la luce e ne svela l’essenza, rispettandone la casualità. Si diverte, la fotografia, con luci e le ombre a fissare il numero che il dado ci porge ma al contempo lascia intravvedere altri numeri  che potranno essere esiti futuri. O che forse sono già esito certo del medesimo gioco”.

E se il gioco e i giocatori sono stati il soggetto di tanti pittori, da Césanne a Botero, da Caravaggio a Picasso, l’estrema sintesi della fotografa si concentra con forza sull’oggetto simbolico del gioco, elevandolo a metafora carica di rimandi e di percorsi artistici paralleli. Come il simbolismo di cui fu esponente Stéphane Mallarmé con il suo “Un colpo di dadi non abolirà mai il caso”, poema che si nutre di metafore che si fanno presupposto filosofico della casualità totale che governa i destini dell’uomo, a prescindere dall’azione, che resta comunque ininfluente.

“Il gioco del dado – conclude la fotografa – è oscillazione, è energia prorompente nell’attesa dell’urto finale che ne arresta la corsa e placa l’inquietudine, sciogliendola in stupore e sorpresa”. E ai dadi sono state affidati destini e fortune. I numeri, simbolo per eccellenza del razionale, diventano, in questo gioco, capriccio del caso, segno irrazionale ed imperscrutabile del fato, casualità che è paradigma dell’esistenza umana, legata a coincidenze e vicende di vita che somigliano molto spesso ad un “Coup de dés”. A testimoniare che i dadi sono un gioco, ma i loro significati sono una cosa terribilmente seria.

Enrico Pinna

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