L’ultimo click di Mario De Biasi. Raccontò la Sardegna che cambia

Ci mancherà, Mario De Biasi. Ci mancherà quella sua fotografia dal rigore profondo, dalla composizione geometrica, fedele a codici di equilibrio formale mediati dal suo amore per la storia dell’arte. Ieri, all’età di novant’anni, è morto uno dei più grandi fotografi italiani del dopoguerra.

Nato a Sois, paesino del Bellunese nel 1923, approda a Milano nel 1939 dove trova lavoro alla Magneti Marelli. Poi la guerra, la drammatica esperienza della deportazione, dei lavori forzati e l’incontro, quasi casuale con la fotografia. Si ferma a Norimberga, ospite di una famiglia tedesca che gli offre un lavoro e gli regala anche una vecchia Walex 6×6. Con questa macchina e una rudimentale attrezzatura di sviluppo trovata fra le macerie si dedica, con grande passione, alle prime esperienze di fotografia.

Tornato a Milano comincia a raccontare i grandi cambiamenti del dopoguerra con l’occhio curioso e uno stile già maturo, potente ed efficace. La committenza non manca. In un clima di grande entusiasmo per la ritrovata libertà riaprono i grandi giornali come La Domenica del Corriere, Tempo, l’Illustrazione Italiana, mentre altre testate si affacciano sul mercato. La fine della censura ha come effetto la richiesta di un gran numero di immagini di cronaca. Nascono così agenzie giornalistiche come Publifoto, Farabola, Giancolombo. Il giovane De Biasi si fa conoscere nell’ambiente per le sue grandi capacità.

Nel ’53 la svolta. è cominciata da diversi anni l’epopea del racconto per immagini, l’era dei rotocalchi patinati. Mario viene assunto da Epoca, settimanale di Mondadori, nato sulla scia del grande successo di Life. Per lui inizia una stagione di grandi reportage che lo renderanno famoso. A cominciare da quello del ’56 in Ungheria a documentare la tragica rivolta soffocata nel sangue. Poi il Medio Oriente, l’Unione Sovietica, le olimpiadi di Roma e un’infinità di altri luoghi.

Con la crisi del rotocalco e la chiusura di Epoca si apre la stagione del libro fotografico che De Biasi interpreta da par suo con lo stile e l’inventiva che lo hanno sempre contraddistinto.

Mario De Biasi approda in Sardegna, come inviato di Epoca, nel 1955. Ne coglie, con grande arguzia, le contraddizioni e i primi segni di cambiamento di una società arcaica e, per molti versi, ancora sconosciuta.

Tornerà diverse volte nell’Isola, nel corso della sua lunga vita professionale, documentando, con la consueta maestria, l’evoluzione dei costumi di una terra dall’identità forte e dalle problematiche mai risolte. Racconta la nascente Costa Smeralda, Alghero, La pesca su fiume Temo, l’artigianato, Castelsardo e tanti altri luoghi di una Sardegna avviata verso il nuovo millennio.

La sua foto de “Su Componidori” ha fatto conoscere la Sartiglia in tutto il mondo. l’indimenticabile l’immagine della benzinaia di Desulo in costume sardo è un’acuta sintesi di una società in bilico fra tradizione e modernità.

A metà degli anni ’90 il corpus dei negativi riguardanti la Sardegna è stato acquisito dalla Ilisso che nel 2002 pubblica “Mario de Biasi. Viaggio dentro l’isola”, volume imperdibile per chi volesse approfondire il lavoro di questo grande fotografo che, come pochi, ha saputo cogliere e raccontare, con nitidi tratti, l’indole di un popolo e la sua identità più profonda.

Enrico Pinna

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