Istìga Track: al LEM di Sassari il fragile diario di Chiara LaFiùt Porcheddu

Quarto appuntamento di IstìgaTrack, la rassegna organizzata dall’Associazione culturale Su Palatu_Fotografia & Vigne Surrau e curata da Salvatore Ligios e Sonia Borsato. Sino al 20 marzo, alla Galleria LEM di Sassari, Chiara LaFiùt Porcheddu presenta la sua mostra Pillows.

Il titolo Pillows è ispirato dal film di Peter Greenaway, Pillow Book, cioè “Racconti del cuscino”. «Volevamo — chiarisce l’autrice — che l’intera mostra, a partire dallo spazio, fosse intima come una cameretta e che si percepisse la fragilità di questa GenerationMe di cui sentiamo spesso parlare e che vive il nostro tempo. Volevamo che sembrasse un racconto scritto adagiati su un cuscino, con un computer sulle ginocchia e la pagina di un social a tener compagnia».

Chiara LaFiùt Porcheddu è nata nel 1993. La data anagrafica non è una semplice notazione giornalistica ma una importante traccia, un indizio che denota l’appartenenza a quella generazione che vive e comunica sui social network, specchio e metafora della solitudine esistenziale della parte più giovane e fragile della nostra società.

«E’ un modo — spiega Chiara — per evitare di stare soli, per condividere qualsiasi cosa su una bacheca e contare i like. C’è però un uso malato della comunicazione, come se si avesse un terribile bisogno di esistere e quindi, di comunicare indistintamente con tutti».

«LaFiùt — scrive Sonia Borsato nella presentazione — appartiene ad una generazione a cui è impedito di progettare il futuro ma costretta ad una gabbia costituita da un presente che rende superfluo interessarsi del passato. Da qui un paradossale culto della memoria basata però non sulla analisi ma sulla fabbricazione di ricordi: l’esaltazione dell’attimo che porta ad un inventario emotivo di stampo tipicamente post-moderno».

Con questa mostra Chiara ci fa entrare in punta di piedi nella sua cameretta e condivide pudicamente con noi il suo diario intimo. Ci offre una delicata bacheca di racconti abbozzati, di sogni interrotti, di emozioni, di pulsioni giovanili. Foto come piume, scomposte e ricomposte dal vento leggero di un’inquietudine che è personale e generazionale.

Un’autorappresentazione faticosa perché, sottolinea l’artista, «fino all’ultimo è sembrato molto semplice appendere le proprie gigantografie al muro. Invece a fine serata avevo quasi voglia di piangere perché mi sono sentita spogliata di tante cose davanti al pubblico e sentivo che non avrei più potuto rivestirmi del tutto».

Perché stavolta Chiara diventa LaFiùt. Esce dagli spazi virtuali stranianti ma protettivi dei social network per mettersi in gioco nella bacheca della vita. Dove non sempre i like sono un gesto automatico e scontato. «Ma alla fine — conclude LaFiùt — credo che chi sceglie di lavorare in quest’ambito deve essere disposto a spogliarsi ogni giorno di più e restare nudo davanti al giudizio degli altri».

E solo allora, per chi ha talento e coraggio, i like saranno veri, sinceri, realmente appaganti.

Enrico Pinna

 

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