In un libro il mondo di Domenico Ruiu, il fotografo dei rapaci

C’è una Sardegna ancora inaccessibile che solo pochi possono conquistare. È il suo cuore antico e selvaggio, dove la natura è aspra ma bellissima, gli alberi sono contorti dagli anni e dal vento, l’alba ha colori tenui e struggenti e gli animali temono l’uomo e lo evitano.

È la Sardegna di Domenico Ruiu, il grande fotografo naturalista nuorese famoso in tutto il mondo per le sue foto di rapaci. «Per fotografare animali così elusivi bisogna conoscerne le abitudini, essere silenziosi e mimetici, cogliere ogni segno, ogni fruscio, ogni battito d’ali. Essere disposti a percorrere sentieri ripidi e faticosi e a sopportare lunghe attese nel freddo di capanni costruiti nelle zone di passaggio. Fatto questo, la fortuna e la prontezza del fotografo sono gli ingredienti indispensabili per realizzare l’immagine».

Domenico Ruiu è il fotografo naturalista sardo più famoso all’estero, Ha pubblicato sulle riviste più prestigiose (compreso il mitico National Geographic) ed è autore di numerosi libri. Da sempre in prima fila nelle battaglie per la salvaguardia degli habitat naturali, festeggia i suoi 35 anni di attività.

E li festeggia come tutti i fotografi sognano: con un libro eccezionale che non vuole essere un consuntivo ma il cippo di un cammino ancora lungo ed appassionato. “Il fotografo dei rapaci” è un libro da collezione in tiratura limitata di 1.250 copie, numerate e firmate dall’autore. Edito da Pubblinova Edizioni Negri in un lussuoso formato 35×50 cm con 500 fotografie è composto da 320 pagine del peso di 7,5 chilogrammi. Il libro è tradotto in quattro lingue: Italiano, inglese, tedesco e sardo.

Chiedo all’editore Sergio Negri, animatore di una casa editrice veramente di nicchia quanto coraggio ci voglia per pubblicare un libro dal costo di 153 euro in tempi come questi: «Più che un atto di coraggio è una provocazione. In un panorama depresso come l’editoria naturalistica vogliamo proporre la strada della qualità assoluta, del libro da collezione, dell’investimento d’arte».

Insieme al libro la mostra “Immagini” allestita a “Su Palattu” di Villanova Monteleone e visitabile sino all’8 settembre. Fenicotteri, cervi, polli sultani, galline prataiole, cigni, gruccioni, aironi… Un entusiasmante viaggio nella natura sarda, ma anche spagnola, corsa, finlandese.

Ma fra tutti gli animali Domenico ha una predilezione speciale per i rapaci. A chi una volta gli chiese “Perché l’aquila?” rispose: «Che altro se non l’aquila? L’aquila è un’altra cosa!». Già. L’aquila è un’altra cosa. È simbolo di forza primordiale, di bellezza regale, di libertà assoluta. Ma anche di fragilità infinita, Infatti, come tutti i rapaci, sta scomparendo grazie all’invadenza dell’uomo. L’aquila è il paradosso vivente di una regione che magnifica la sua natura “incontaminata” sui depliant ma è sempre pronta a manometterla e cementificarla, magari per costruire insulsi campi da golf.

Nella sua carriera anche Domenico ha dovuto affrontare il passaggio al digitale. Un cambiamento meditato e un po’ traumatico. «Il digitale — dice — ha cancellato l’incubo di tutti i fotografi naturalisti: quello del 36° fotogramma. La fine del rullo sul più bello di una sequenza irripetibile. Ha però banalizzato un po’ il lavoro dei fotografi. Poi oggi basta andare in un parco attrezzato e scattare foto meravigliose stando seduti comodamente in un capanno a pagamento. La foto di un’aquila del Supramonte richiede mesi di preparazione e di attesa. Perché in quel lembo di terra gli animali sono realmente selvatici, sfuggono l’uomo, loro atavico nemico e cacciatore».

Provo rispetto per uomini come Domenico Ruiu, perché fotografano accettando le dure regole della natura, armati di bravura, pazienza e conoscenza, senza cercare facili scorciatoie né vetrine a buon mercato o parchi dove gli animali si mettono in posa. Se confrontate le sue foto con quelle che vincono effimeri premi fotografici vedrete la differenza. Le troverete talvolta un po’ meno perfette e patinate, ma realmente autentiche, cariche di quella forza selvaggia e primordiale che solo in quei luoghi si respira ancora.
E che solo i grandi fotografi sanno cogliere.

Enrico Pinna

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