All’Exma’ le ‘New Frontiers’ della fotografia

In questa temperie buia, dove quel che era sicuro diventa discutibile, quando la direzione è incerta e ascoltiamo stupiti un Ministro della Repubblica affermare solennemente che “la cultura non si mangia” (e quindi non merita risorse), è un piacere vedere che, fra tante difficoltà, qualcuno tiene il timone dritto sulla fotografia. Su quella fotografia che si fa arte, racconto, poesia, sogno, denuncia, intima emozione, sottile inquietudine. Una fotografia declinata con modi e sensibilità diverse che danno la cifra della sua potenza espressiva.

Venerdì 22 novembre alle ore 19.00, presso il Centro Comunale d’Arte e Cultura Exmà di Cagliari, inaugura l’ultimo appuntamento di New Frontiers, rassegna internazionale di fotografia, visitabile sino all’8 dicembre. Il progetto New Frontiers curato da Wanda Nazzari nasce dall’intento di indagare le nuove tendenze della fotografia contemporanea attraverso il dialogo tra alcuni fotografi storici contemporanei sardi e giovani emergenti, provenienti dal territorio nazionale e internazionale. I testi sono di Mariolina Cosseddu, Valentina Neri e Ivana Salis.

L’ultima mostra è dedicata alla ricerca di sei fotografi storici sardi, un omaggio alla loro professionalità e alla loro distinta poetica: Marco Ceraglia (Sassari), Giovanni Coda (Cagliari), Stefano Grassi (Cagliari), Franco Nonnoi (Cagliari), Donatello Tore (Nuoro), Daniela Zedda (Cagliari).

È presente, inoltre, una selezione dedicata ai lavori degli allievi della Man Ray Photo School di Cagliari e della Photoacademy di Berlino, con l’obiettivo di favorire uno scambio proficuo e sottolineare l’importanza della Scuola come mezzo necessario di formazione e di stimolo delle potenzialità creative e intellettive.

Stefano Grassi, che è anche docente e direttore didattico della Man Ray Photo School, porta avanti la sua ricerca espressiva sul corpo. Il nudo femminile perde, negli scatti di Stefano, le connotazioni di stereotipo, ogni contorno di perfezione formale o di erotismo, per destrutturarsi, sdoppiarsi, sfumare i contorni in un mosso che sottolinea i movimenti ed evoca, con suggestioni eteree e quasi filmiche, altri mondi. «un film — scrive Valentina Neri nel catalogo — che riproduce una danza nei sotterranei dell’inconscio e che narra, in modo liquido e incantato, forse, l’abbandono della realtà per scivolare poi in una dimensione sempre più sconosciuta, dai risvolti psicologici complessi». Un viaggio onirico nelle emozioni più intime e profonde.

Marco Ceraglia affronta un tema apparentemente marginale, ma cruciale per le nostre campagne. Lo fa senza retorica, constatando il distacco fra uomo e ambiente naturale sempre più evidente e prendendo a simbolo una figura un tempo centrale: il servo pastore, oggi sempre più estraneo al territorio, sempre più spesso immigrato di passaggio. Un servo pastore globalizzato del terzo millennio, ormai incapace di stabilire quel ponte fra generazioni, quell’equilibrio fra uomo e campagna definitivamente alterato.

Negli scatti di Giovanni Coda l’abito smesso diventa veicolo delle emozioni e dei ricordi di chi lo ha indossato che si trasmettono su chi lo veste nuovamente. Maschile e femminile vengono scambiati senza apparente disarmonia. «Nulla è stonato — scrive Valentina Neri — nulla stride. La commistione tra abito e corpo, tra spirito e carne, è un amalgama perfetta. I frammenti di anima intrappolati in quei vestiti sono penetrati in quei volti, in quelle anime. La resurrezione è avvenuta».

Franco Nonnoi presenta una galleria di immagini scattate fra Monteponi e Portovesme dove il colore, di cui il fotografo è maestro, diventa protagonista. Il lavoro di Nonnoi è incentrato sui contrasti di un territorio fortemente segnato dall’inquinamento. Così gli azzurri del mare o di cieli limpidi fanno da quinta al rosso esteticamente accattivante dei fanghi tossici accumulati dalle industrie della zona, agli scarti minerari che sembrano completare armonicamente la tavolozza dei colori di un territorio di grande fascino. Ma il paesaggio declinato da Nonnoi denuncia una evidente dicotomia fra il bello e il buono, dove i veleni, pur avendo una valenza estetica, si insinuano subdolamente nel territorio alterandone l’immagine e segnandone indelebilmente il futuro.

Protagonista delle immagini di Donatello Tore è uno stato d’animo oggi, purtroppo, molto diffuso: la rabbia. Una rabbia che trasfigura i volti in maschere grottesche che enfatizzano lo stato d’animo degli esclusi, dei senza voce. Di quelli che Uliano Lucas, maestro di fotografia, chiama “i fregati dalla vita”. Un bianco e nero con un magistrale uso del contrasto e del dettaglio riesce a coinvolgerci, a farci condividere un dolore urlato, ostentato, ma vero, credibilmente autentico, sgradevolmente attuale.

Daniela Zedda propone una galleria di ritratti dove la luce e il colore denotano una evidente ricerca estetica che ha salde radici nella pittura. Ritratti carichi di simboli mai espliciti, da decifrare e decodificare per collegare i personaggi al loro tempo, indagarne sguardi, emozioni, gesti. Nel lavoro di Daniela c’è l’essenza del ritratto, la sottile ricerca emotiva, l’accurata ambientazione estetica, la complicità degli sguardi. Scrive Valentina Neri nel catalogo: «In questi quadri, Daniela Zedda si conferma ancora una volta una grande ritrattista, capace di rintracciare il mistero dell’individuo e lasciarlo sospeso alla nostra fantasia, facendo emergere, stavolta, dalla propria casa dei ricordi fatti di cose e di eventi e che nell’insieme sono parte del ritratto, non solo la natura intima della persona che trapela dalla sua immagine ma, come diceva Herb Ritts, “ciò che fa di lei quello che è”».

Poi ci sono i lavoro degli allievi della scuola, le nuove generazioni della fotografia. Sono gli interpreti del progetto didattico della Man Ray Photo School di Cagliari. Le tematiche presenti in quest’ultima parte sono il frutto dell’impostazione metodologica della scuola, curata dal direttore, fotografo e regista Stefano Grassi, che in diciannove anni di attività, ha strutturato un approccio di tipo dialettico e interdisciplinare, mirato alla formazione degli allievi nella consapevolezza di un’evoluzione professionale e individuale, con l’accrescimento delle proprie potenzialità comunicative, critiche e relazionali.

Per motivi di spazio e per poter fornire una ampia selezione dei numerosi lavori, questa parte della mostra viene trattata nella photogallery del giornale (guarda).

Una mostra dove molte sensibilità si incontrano, si caratterizzano con forza, sembrano, a volte, divergere. Parlando però una lingua che non è mai Babele ma, piuttosto, ricchezza espressiva e tecnica, sempre evidente e comprensibile. Utilizzando il più intuitivo dei codici, quello delle emozioni. E un lessico sempre più universale: quello della fotografia.

Enrico Pinna

Diventa anche tu sostenitore di SardiniaPost.it

Care lettrici e cari lettori,
Sardinia Post è sempre stato un giornale gratuito. E lo sarà anche in futuro. Non smetteremo di raccontare quello che gli altri non dicono e non scrivono. E lo faremo sempre sette giorni su sette, nella maniera più accurata possibile. Oggi più che mai il vostro supporto è prezioso per garantire un giornalismo di qualità, di inchiesta e di denuncia. Un giornalismo libero da censure.

Per ricevere gli aggiornamenti di Sardiniapost nella tua casella di posta inserisci la tua e-mail nel box qui sotto:

Related Posts
Total
0
Share