A Sa Illetta arriva il “reparto nascite” dei ricci di mare: nello schiuditoio 100mila esemplari l’anno

Una sorta di reparto nascite del riccio di mare a Sa Illetta per produrre oltre 100 mila esemplari all’anno. In termini scientifici si chiama “schiuditoio“: l’impianto è stato attivato nell’ambito del progetto Resurch che ha coinvolto Università di Cagliari e Consorzio ittico Santa Gilla. Lo schiuditoio sperimentale è stato allestito dai ricercatori dell’ateneo. Il progetto si chiama “Ricerca e sviluppo tecnologico per ottimizzare la redditività economica e sostenibilità ambientale dell’allevamento del riccio di mare” ed è finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del settimo Programma quadro a sostegno delle piccole medie imprese. Coinvolto il Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente dell’Università di Cagliari.

“Gli obiettivi del progetto erano individuati in sette work packages – spiega Piero Addis, ricercatore di UNICA e Principal Investigator del progetto – tra cui la formulazione ed ottimizzazione delle diete artificiali per l’alimentazione dei ricci, lo studio delle tecnologie e i sistemi di allevamento in impianti a terra ed in mare, l’ottimizzazione del prodotto finale, ovvero il miglioramento delle qualità biochimiche della polpa di riccio allevato, anche attraverso test sensoriali, le attività di training, networking and dissemination, strumenti utili per la formazione e crescita dei giovani ricercatori”.

Il partenariato del progetto ha incluso sette imprese specializzate nell’allevamento e commercializzazione di organismi marini: la Thorisholmi e la Sbli (Islanda), la Dunmanus e la Connemara Abalone (Irlanda) e ARDAG (Israele), e due aziende italiane, GIGANTE di Taranto e l’impresa sarda CEDIMAR (Cagliari). Da sottolineare anche la partecipazione degli istituti di ricerca, rappresentati da Nofima (Norvegia), SAMS (UK), Matis (Islanda) e IOLR (Israele), a cui si sono affiancati i gruppi di ricerca del CNR di Taranto e dell’Università di Genova (capofila del progetto). Il progetto ha fornito un avanzamento tecnologico per l’allevamento di due specie di echinodermi, Paracentrotus lividus (la specie consumata in Sardegna) e Strongylocnetrotus droebachiensis (consumata nel nord Europa) e per la sostenibilità ambientale della risorsa. I risultati, infatti, potrebbero fornire anche un sostegno agli enti deputati alla gestione di questa preziosa risorsa sarda.

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