Lo scrittore Sarasso racconta il “Game of Thrones” della mafia americana

Cento anni di criminalità americana in nove volumi. Il primo appena uscito, gli altri otto in lavorazione. Oltre 600 pagine che hanno l’odore e il sapore di un mito di fondazione bagnato nel sangue; dove si sente ad ogni riga la presa della narrazione statunitense più funambolica e il ritmo forsennato e implacabile della serialità sontuosa dell’Hbo e delle epopee di Coppola, Leone e Scorsese. Non è un caso, infatti, che sia stato ribattezzato come “Il Game of Thrones della Mafia americana”. In “Da dove provengo io” di Simone Sarasso si riafferma con forza il concetto espresso in “Gangs of New York”: l’America è nata sulle strade. Ma se nel film con Leonardo di Caprio e Daniel Day Lewis c’era al centro l’arrivo in massa di irlandesi, qui invece gli avvenimenti si spostano di una cinquantina d’anni dopo, ai primi del Novecento, per raccontare l’ascesa di quattro giovanissimi immigrati che non cercano l’opportunità di un posto al sole, ma lo vogliono proprio prendere. Per farsi re. Si chiamano Mayer Lansky, Charlie “Lucky” Luciano, Bugsy Siegel e Frank Costello. Le strade putride del Lower East Side sono troppo strette per loro e non hanno nessuna intenzione di sopravvivere in un quartiere che ha l’aspetto di un girone infernale; vogliono scalare la vetta sino a Park Avenue e ancora più su. L’ossessione di riscatto e di rivalsa diventa così la molla che li spinge oltre i limiti. Perché la storia si costruisce a peso. Un peso fatto di carne, con i corpi straziati e buttati al vento. Le radici dell’America sono scomode, la land of plenty, la terra dell’abbondanza porta, infatti, solo frutti amari anche se stemperati dal suono del jazz e dai baci caldi di una donna. Ci vorranno anni, altri morti, altro sangue, prima che possano, forse, avere il sapore dello zucchero.
Sarasso si immerge in una materia magmatica guardando in faccia il Male, ed è lui stesso a spiegare, durante l’incontro avvenuto  a Sassari a “L’ultimo spettacolo”, in occasione del primo appuntamento del festival “Florinas in Giallo”, come raccontare il Male sia sempre stato endemico nella letteratura come nel cinema.

“Dal mito greco passando per Shakespeare sino a Star Wars i personaggi negativi sono sempre quelli più interessanti – spiega – perché hanno indubbiamente una psicologia più complessa. Narrare tutto ciò ha oltretutto uno scopo ben preciso che è quello della catarsi”. La strada maestra è quella tracciata da James Elloroy, l’autore di romanzi fluviali e dirompenti come “American tabloid” e “L. A. confidential” in cui elementi reali si collegano ad altri di pura invenzione, legati in maniera tale da non rendere praticamente possibile capire ciò che è avvenuto realmente e ciò che è frutto dell’immaginario dello scrittore. “C’è un 99 per cento di cose vere e un 1 per cento di invenzione – racconta Sarasso – ma non dirò mai quale sia nemmeno sotto tortura”.

Dietro c’è un lavoro di preparazione di precisione certosina: “Ci ho messo un anno e mezzo solo per scrivere cosa raccontare e ho studiato tantissimo, anche se a dire la verità è stato piuttosto difficile reperire il materiale perché non c’è così tanto e spesso è anche datato. Su Luciano esiste, ad esempio una biografia della fine degli anni Sessanta, il resto l’ho recuperato leggendo anche i giornali dell’epoca che mi sono stati molto utili per raccontare lo sfondo, la quotidianità. In genere – continua l’autore – faccio una scaletta e prendo appunti in maniera metodica, poi per ogni scena compilo una scheda con dentro anche i riferimenti ai testi che ho visionato. Così lo scrivere in sé è il meno. Un po’ come un regista che fa un film. Per capirci, “Da dove provengo io” ha una scaletta di 1 milione di battute”.
Come ogni saga che si rispetti, il secondo volume è già stato consegnato all’editore (Marsilio) e il terzo è già in lavorazione: dai quattro scagnozzi che diventarono sovrani di New York si passerà alle Cinque Famiglie e John Gotti per poi toccare le nuove mafie arrivate dopo il crollo del Muro di Berlino e la loro trasformazione all’indomani dell’11 settembre 2001. Una “birth of the nation” del malaffare in cui l’America costruisce se stessa riflettendosi in una ideale innocenza che non ha mai posseduto.

Francesco Bellu

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