Per la Saras i nostalgici soffrono di miopia e cataratta

Nostalgia, sfiducia, paura: la campagna pubblicitaria della Saras ospitata dai maggiori quotidiani dell’Isola va avanti all’insegna delle passioni tristi. “Quando il passato diventa nostalgia”, questo il criptico titolo del testo a tutta pagina pubblicato oggi su La Nuova Sardegna. Le quarantaquattro righe su due colonne che seguono chiariscono cosa accade a chi sviluppa un atteggiamento nostalgico: semplicemente, non vede il futuro. Sembra dunque che la nostalgia sia una gravissima forma di miopia o di cataratta che annebbia la vista. Questo il pensiero della società petrolifera.

Ma può risolversi tutto in un attacco a generici nostalgici in nome di un’idea moderna d’impresa? Per portare a galla il significato nascosto del testo, occorre mettere a fuoco la visione del mondo da cui origina la cecità di questi generici nostalgici. Da una parte, quindi, le passioni tristi, “i sospiri di nostalgia” di chi rimane ancorato a “una realtà superata”, peraltro “illusoria”, che immaginiamo sia legata alle attività agro-pastorali  che nella Sardegna ante – industriam caratterizzavano l’Isola. Dall’altra, invece, “il desidero”, “la volontà” e “il coraggio” di proiettarsi verso il percorso illuminato dalla razionalità tecnolgica e industriale che conduce verso l’avvenire. È questo il livello del messaggio più interessante, anche perché fa emergere la visione dell’economia, della società e della psicologia umana propugnata dalla Saras. La pubblicità, in quest’ottica, diventa un refrain della famosa teoria della modernizzazione o dello sviluppo all’insegna dell’ industria petrolchimica. A cui di recente si è aggiunta una megacentrale per la produzione di energia. La Saras ospita infatti uno dei più grandi impianti al mondo per la produzione di energia elettrica dagli scarti di raffinazione del petrolio.

Chi sono dunque i nostalgici nichilisti cui si riferisce la pubblicità? Non sarà chi oggi in Sardegna pensa a nuovi e più efficienti modi di produrre energia, sfruttando le fonti rinnovabili nell’ottica della decentralizzazione della produzione? A ben vedere sembra paradossale, anche perché questi soggetti (associazioni, comitati, partiti, non importa) assuefati alla nostalgia chiedono l’abbandono del mondo che fu, quello legato al carbone e al petrolio. Ecco una primo motivo per cui, leggendo il messaggio pubblicitario, si rimane stupiti: in fin dei conti, viene accusato di cecità proprio chi propone di non replicare il passato. Seguendo il ragionamento della Saras, è un povero nostalgico anche chi vorrebbe realizzare reti elettriche intelligenti ad alto valore tecnolgico aggiunto. O chi, in campo agricolo, punta ad esempio su piccoli impianti legati all’autoconsumo. Andranno inclusi tra i ciechi anche quegli imprenditori che, per scelta etica, decidono di produrre beni, qualsiasi essi siano, senza ricorrere al petrolio e ai suoi derivati?  In effetti, questi sembrano innovatori piuttosto che individui bisognosi di occhiali con lenti spesse quanto il fondo della bottiglia.

Va da sé che è un nostalgico anche chi ricorda che prima dell’arrivo dell’industria in Sardegna, il 51% dei sardi lavorava in agricoltura, il 21% nell’industria e il resto (poco più del 25%) nel terziario, mentre oggi, a sessant’anni dall’avvento della grande industria solo il 5% lavora in agricoltura, appena il 17% (complice, certo, anche la crisi dell’edilizia) nell’industria e il 79% (compresi gli operatori turistici) nel terziario ultraprecarizzato. Oppure è un nostalgico chi dimostra, avvalendosi degli ultimi traguardi raggiunti in campo scientifico, come decenni di veleni stiano progressivamente modificando il dna di chi abita ai bordi dei grandi insediamenti industriali e favorendo l’insorgere di gravi patologie. Proprio questo è un punto che necessita di particolare attenzione. Soprattutto perché la retorica oggi dominante a cui tanti sono assuefati è che il vecchio sistema produttivo sia in ancora in grado di garantire la vita (se mai lo è stato), distribuendo salari. Naturalmente con corposi aiuti di stato, che a ben vedere hanno a che fare con cataratte e miopia più della nostalgia canaglia.

Piero Loi

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