Un “piano particolareggiato” di sterminio dei luoghi

di GIORGIO TODDE

Quando si ama un luogo bello non lo si cambia. Lo si protegge. Se lo si trasforma, vuol dire che non lo si ama più.

Una riflessione a partire da un parcheggio che da solo rappresenta un’intera visione malata della città.

Da circa una dozzina d’anni incombe anche sul centro storico di Cagliari un progetto di parcheggio interrato sotto le mura del grande bastione della Santa Croce. Molte critiche, pochi sostenitori. Tra i sostenitori, però, l’attuale Giunta della moderna sinistra ecologica.

I tifosi del Parcheggio dentro la rocca di Castello – in crisi di argomenti come tutti i tifosi – raccontano che questo garage incarna il progresso, che le città cambiano e chi amministra deve decidere senza fare il signorino sentimentale. I soliti argomenti vuoti. Però gli ultras del cemento dimenticano che il Piano Paesaggistico, oltre che il buon senso, vieta di sventrare un contrafforte sotto le mura antiche di un’acropoli. Dimenticano i princìpi del trasportismo anche se un esperto di trasporti glieli ha ricordati. Dimenticano, soprattutto, il valore di quello che hanno ricevuto dal passato e credono di poterne disporre secondo capriccio e interessi.

Rinchiusi nel recinto ideologico del fare compulsivo, se ne impipano del “tempo grande scultore”, per loro il tempo è un’altra cosa. Anche a costo di contraddire se stessi, visto che molti erano sino a qualche anno fa avversari feroci del progetto. Sindaco compreso.

Eppure ne abbiamo ricevuto lezioni dalla piccola storia recente della città.

La distruzione della spiaggia del Poetto annientata in quindici giorni da un’idea di matta modernità, la proliferazione di un intero quartiere di palazzacci a ridosso di Tuvixeddu, deturpata da una strada camionabile che la taglia in due, la gigantesca colata di asfalto, svincoli e rotonde, l’eruzione di cemento pianeggiante sulle rive del lungomare (il cemento non è orribile solo in verticale), e molte altre pazzie urbanistiche, non sono servite ad adottare neppure la più elementare prudenza.

L’infelice parcheggio dentro i contrafforti delle mura è ostinatamente uguale al vecchio progetto della vecchia Giunta metrocubica, salvo che per la cancellazione di tapis roulants e scale mobili da fumetto.

Sorvoliamo sul calcolo bugiardo che prevede di eliminare 700 parcheggi in strada costruendone 300 coperti dove rifugiare le auto sottratte alla strada. La matematica si ribella. Sorvoliamo sulla balla che questo colossale versamento di cemento sotto le mura sarebbe invisibile. Non esiste il cemento invisibile. Sorvoliamo perfino sull’idea tragicomica di chiamare parco il desolante tetto di cemento del parcheggio, pieno di bocche di areazione, senza alberi perché gli alberi si intestardiscono a non crescere sul cemento, senza ombra e con aree gioco di gomma dove i bambini rimbalzano. Roba da prozac. Previste, come nel parco della necropoli di Tuvixeddu, papere a molla e cavalli a dondolo per allietare i bimbi che giocano giulivi tra gli scarichi. Là saltellavano tra le tombe, qua tra gli scarichi.

Sorvoliamo sulla panzana di un parcheggio per i residenti perché quel garage serve solo ai nostri baristi-architetti della città alta e si ispira alla filosofia della birretta che regge una certa urbanistica alcolica locale. Dal bar all’auto. Per Castello serve un etilometro, non un parcheggio.

Sorvoliamo anche sull’espressione “parcheggio di scambio” visto che il codice della strada definisce parcheggio di scambio “un parcheggio situato in prossimità di stazioni o fermate del trasporto pubblico locale o del trasporto ferroviario…”. Li chiamano anche Park and Ride, ossia parcheggia e viaggia. Ma l’automobilista che parcheggia sotto le mura farebbe solo un viaggetto alcolico sino ai long drink sopra le mura.

E allora, visto che il mondo di sopra va male, riflettiamo anche sul sottosuolo fragile del nostro centro storico. Soprattutto su quello problematico di Castello e dei quartieri vicini, poco conosciuto e trattato, per millenni, con rispetto e precauzione da chi lo abitava.

Castello, si sa, scarica acque sotterranee a valle, verso Villanova e Stampace. Ed è certo che quei tre quartieri, in stretta relazione, presentino aspetti preoccupanti per la stabilità dei suoli e delle case.

Per fortuna esiste il Pai, il piano di assetto idrogeologico, che classifica il rischio di frane e alluvioni e si ispira al benedetto principio di precauzione. Il Pai ci è di aiuto per comprendere quanto folle sia l’idea di tre piani di parcheggio interrato sotto le mura. Aiuta soprattutto a comprendere come la pericolosità di un sito debba essere considerata in sé e in rapporto alle aree circostanti. Suggerisce cosa non fare. E di fermare questo progetto.

Ai cagliaritani che hanno vissuto la città negli ultimi sessant’anni è toccato di passare alla storia locale come distruttori di Tuvixeddu, distruttori del Poetto al grido di “basta parole, ci vogliono fatti”, distruttori del lungomare, di tutto quello che era lì da secoli e millenni.  Questi sono “i fatti”. Un piano particolareggiato di sterminio dei luoghi.

Ora cerchiamo di evitare di passare alla storia come distruttori delle mura.

Quando non si hanno argomenti ci si rifugia nei toni. E quando un discorso è fatto solo di toni può essere convincente per le orecchie di chi non si documenta e non ha memoria, ma non sarà mai solido. E prima o poi viene giù.

Giorgio Todde

Leggi anche la scheda curata dall’autore: IL PARCHEGGIO INTERRATO DI CAGLIARI, ECCO COSA DICE IL PIANO IDROGEOLOGICO 

 

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