Il Banco di Sardegna non è più “di Sardegna”? Ecco il perché di una domanda (E perché si attende una risposta)

Pubblichiamo un nuovo articolato intervento del “Gruppo Amsicora” – che mette assieme un pool di economisti e osservatori competenti di cui la direzione di questa testata garantisce l’affidabilià – sulle vicende del Banco di Sardegna. Come sempre, lo mettiano a disposizione delle istituzion e delle persone interpellate. Che, se verrano rispondere, avranno tutto lo spazio necessario. 

Quel che sta avvenendo nel mondo bancario nazionale e che  più interessa la Sardegna – cioè quello che ruota attorno alla Banca popolare dell’Emilia Romagna (BPER) che ha il controllo di tre realtà creditizie isolane: Banco di Sardegna, Banca di Sassari e Sarda Leasing – pare non susciti alcuni interesse negli ambienti politici ed economici sardi. Eppure, con l’apertura della stagione delle assemblee di bilancio e di rinnovo dei consigli di amministrazione, molte novità potrebbero essere alle porte. La domanda è: quale gruppo conquisterà il controllo della BPER, che intanto è diventata una Società per azioni, e con quale partner – bancario od assicurativo – cercherà di incrementare la sua solidità patrimoniale in ottemperanza ai ratios della Banca Centrale Europea (BCE)?

È evidente che, in questa partita, potrebbe avere un ruolo la Fondazione di Sardegna che possiede il 49 per cento del Banco di Sardegna ed un 3 per cento circa della BPER. Non è infatti pensabile che la Fondazione possa rimanere assente o indifferente davanti a qualcosa che non potrà che avere notevole influenza sul valore di queste sue partecipazioni.

Sono queste le osservazioni che noi – gli economisti e gli osservatori che formano il “Gruppo Amsicora” – abbiamo illustrato ad alcuni esponenti degli ambienti politici ed economici locali, purtroppo senza molta fortuna. Quasi che l’argomento sia, o debba rimanere, top secret: come se fosse proibito parlarne o discuterne. E pare che non sia sufficiente a risvegliare il loro interesse un semplice dato di fatto: l’erogazione di crediti bancari alle imprese sarde nell’ultimo biennio è calata di quasi quattro punti percentuali e sono notevolmente i dinieghi posti alle richieste di credito (la stessa Regione sarda si sarebbe vista ridurre dal Banco di Sardegna alla sola metà una richiesta di finanziamento, tanto da la costretta poi a richiederlo altrove e ad ottenerlo dalla Cassa Depositi e Prestiti).

È importante quindi cercare di sapere cosa stia avvenendo nel mondo finanziario ed economico emiliano, attorno soprattutto al futuro della modenese BPER che è la banca più forte e importante di quel territorio. Un rapporto che non  dovrebbe rendere stupefacente il fatto che si stia stabilendo un rapporto molto stretto sull’asse Modena-Bologna. Cioè tra la BPER e l’UNIPOL, il colosso assicurativo che ha già un’importante partecipazione in BPER e possiede una sua banca con 270 filiali ed un attivo di poco meno di 12 miliardi di euro.

Le intese fra i due Ceo – Alessandro Vandelli (BPER) e Carlo Cimbri (UNIPOL) – sarebbero ormai giunte a definizione, anche perché supportate e volute da quell’establishment economico e politico emiliano che vive attorno al mondo delle cooperative. Le intese prevederebbero (se le nostre informazioni sono esatte) la fusione tra BPER e UNIPOL Banca (già presente anche in Sardegna) e la costituzione di un gruppo di controllo tutto emiliano attorno alla UNIPOL Gruppo Finanziario, sul capitale della BPER.

Sempre per quel che a noi risulta, ci sarebbero in fieri delle avanzate trattative tra il Credito Valtellinese, la BPER e la UNIPOL per una fusione a tre che porterebbe alla creazione di quello che diventerebbe il sesto gruppo bancario del Paese. Molto radicato, tra l’altro, nel Nord, in un’area, cioè, ad elevata propensione imprenditoriale. Si ha infatti notizia (è stata riportata da alcuni organi di stampa continentali), di un incontro fra Vandelli e Cimbri con Miro Fiordi, il numero uno della Banca di Sondrio. In effetti questa “triplice alleanza” (come ha rilevato di recente il Corriere Economia), avrebbe una duplice valenza: da un lato la soluzione “cartolarizzata” dei crediti incagliati (non performing loans) delle tre banche e, dall’altro, la necessità di accelerare al massimo per essere tutelati (entro il prossimo marzo) da possibili raid di borsa. L’operazione sarebbe quindi quella di una fusione a tre da mettere in cantiere già nelle prossime settimane.

Ma la Sardegna (o, almeno, la sua Fondazione), in questo tourbillon di intese (o di ipotesi di intese) si limiterebbe a guardare, come le stelle del famoso romanzo di Cronin? Si dovrebbe ritenere di no, conoscendo le capacità e le abilità del presidente della Fondazione, Antonello Cabras. Ma quale siano le sue effettive intenzioni è altro argomento top secret. Come tutti gli argomenti bancari, o creditizi in genere, in questa nostra Isola. Ci auguriamo solo che, nella sua agenda di lavoro, le trattative per il nuovo regionale del Pd non siano più important di quelle relative a dove e come far valere le partecipazioni nel Banco di Sardegna e nella BPER.

Ma la nostra curisità non si riferisce tanto al sapere se la Fondazione si stia muovendo o meno in questo campo. Il punto è che vorremmo capire se la presenza di una banca che abbia testa, mani e piedi in Sardegna sia o meno nella volontà politica di una Fondazione che è nata da una legge che le ha attribuito come compito principale quello di tutelare gli interessi dei sardi e, più in particolare, dell’economia sarda.

Purtroppo oggi il credito bancario non è più ritenuto, dalle nostre parti, un elemento decisivo nei programmi politici di sostegno dell’economia: non si dà peso che il deficit creditizio delle imprese abbia raggiunto oggi livelli di guardia e sia fonte primo di criticità in tutti i settori produttivi. Questo anche a causa di un’opinione pubblica male informata, a cui si danno in pasto solo notizie ritenute “buone” – come gli utili prodotti, ad esempio dal Banco di Sardegna –  senza però far rilevare da quali attività questi utili siano stati prodotti. Perché, di una banca regionale, quel che interessa sapere è innanzitutto che contributo abbia dato al sostegno creditizio delle imprese e delle istituzioni sarde. Interessa sapere perché, solo per fare un esempio, le tesorerie degli enti pubblici regionali gestite dal Banco di Sardegna sono diminuite nell’ultimo quindicennio di oltre il 70 per cento e perché,  su 100 mutui fondiari erogati nell’Isola dalla stessa banca, sia è passati da 75 a meno di 30.Ecco, domandiamolo in modo crudo e doloroso: perché, il Banco di Sardegna non è più una banca sarda e dei sardi. Di chi la colpa?

Purtroppo questa colpa dobbiamo cercarla in casa nostra. Infatti, di quel che è accaduto – e di quel che è stato permesso ai banchieri modenesi – la responsabilità è tutta nostra. Purtroppo non è possibile utilizzare, nel nostro caso, quanto prevede l’articolo 2393 del Codice civile, ma di una responsabilità politica certamente si potrebbe e si dovrebbe parlare. E’ possibile rimediare? L’occasione dei nuovi assetti proprietari della controllante BPER lo potrebbero consentire solo che lo si voglia: ed è per questo che si vorrebbe avere certezza sul buon agire in questa direzione da parte di chi può. Parliamo della politica regionale e, innanzitutto, la sua Giunta di governo. E dela certezza sull’eseguire da parte del suo braccio operativo, la Fondazione di Sardegna, le sue direttive. Le nostre fiduciose speranze sono riposte in questo.

Amsicora

 

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