Riforme Costituzionali, è scontro con Roma: “La Sardegna difenda l’Autonomia”

Più poteri allo Stato e regioni relegate ai margini del procedimento legislativo. È questo il succo della revisione dell’articolo 117 del Titolo V della Costituzione, che rimpolpa l’elenco delle competenze statali e elimina le materie in concorrenza tra Stato e Regioni. In Sardegna, le reazioni al disegno di riforme costituzionali non si fanno attendere. Sel, Rossomori, Partito dei Sardi e Centro Democratico chiedono al presidente della Regione Francesco Pigliaru di riunire la coalizione “per adottare le contromisure necessarie a contrastare l’accentramento di poteri nelle mani dello Stato”, spiega il capogruppo di Sel in Consiglio regionale Daniele Cocco. E aggiunge: “Siamo determinati a difendere l’Autonomia e a batterci perché il contenzioso che ci oppone allo Stato sulla vertenza entrate trovi una soluzione nel rispetto del nostro statuto”. Sulla stessa lunghezza d’onda i Riformatori, che annunciano battaglia in Consiglio Regionale: già pronto un ordine del giorno per impegnare i parlamentari sardi a boicottare con ogni mezzo il trapasso di competenze dalle regioni allo Stato. “L’Aula sarà chiamata ad esprimersi contro il disegno di legge costituzionale già nei prossimi giorni”, assicura il capogruppo dei Riformatori Attilio Dedoni.

Intanto, una pattuglia di 25 senatori eletti nelle regioni a Statuto speciale (tra cui il segretario regionale del Pd Silvio Lai) ha depositato lo scorso 25 marzo un disegno legge costituzionale affinché “le nuove disposizioni vengano armonizzate con gli statuti speciali”. Ma, al netto delle mosse d’aula, gli effetti della riforma sulle Regioni a Statuto speciale devono ancora essere recepiti per intero. Al momento, neanche la scienza del diritto fornisce un’interpretazione univoca della riforma.

Di certo c’è che il ddl attribuisce allo Stato una miriade di prerogative: si va dal coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario al procedimento amministrativo; dalle norme generali per la tutela della salute all’ordinamento scolastico, istruzione universitaria e programmazione strategica della ricerca scientifica e tecnologica. Ma non finisce qui: se rispetto alla bozza presentata lo scorso 12 marzo si registra la rinuncia all’urbanistica, lo Stato rivendica per sé il commercio con l’estero, l’ambiente, i beni culturali e paesaggistici, insieme alla produzione, il trasporto e la distribuzione dell’energia. Come pure le infrastrutture strategiche e le grandi reti di trasporto e di navigazione d’interesse nazionale. Resta dunque da capire come le modifiche introdotte nell’articolo 117 influenzeranno la vita politica delle Regioni a Statuto speciale.

“Il provvedimento è stato pensato per le regioni a statuto ordinario – spiega Andrea Pubusa, ordinario di diritto amministrativo alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Cagliari. Ciò significa che le prerogative statali sono esercitate nelle regioni autonome solo nel caso in cui i loro statuti non contemplino quelle funzioni. L’effetto, in ogni caso, è quello di limitare lo sviluppo dell’Autonomia. Così – conclude Pubusa – la Regione non può far altro che revisionare lo Statuto”. Di diverso avviso Andrea Deffenu, professore associato di Diritto Costituzionale dell’Università di Cagliari, per il quale la Regione Sardegna potrebbe esigere le competenze non contemplate dallo Statuto attraverso la legge costituzionale 3/2001”. Ciononostante, Deffenu sottolinea come “la riforma non modifichi l’articolo che riconosce a Sardegna, Sicilia, Friuli – Venezia Giulia, Valle d’Aosta e Trentino – Alto Adige condizioni particolari di autonomia, il 116”. Insomma, la riforma non ci toccherebbe.

Un discorso a parte merita invece la cosiddetta “clausola di supremazia”, in virtù della quale “lo Stato può intervenire in materie riservate alle regioni per realizzare programmi economico-sociali di interesse nazionale”. Per Deffenu, “si tratta della formalizzazione di una possibilità già prevista dalla Corte costituzionale, all’interno della quale emergono tuttavia limitazioni alla potestà delle regioni autonome”. “In ogni caso – sottolinea Deffenu – tale possibilità è già contemplata dallo statuto sardo”.

E forse è proprio dalla clausola di supremazia che potrebbero sorgere futuri problemi per le regioni autonome e la Sardegna. Difatti, i grandi temi che animano il dibattito (vertenza entrate, questione energetica, tutela dell’ambiente e della salute, bonifiche e vertenze del mondo del lavoro) sembrano tutti settori in cui lo Stato può far valere le sue prerogative.

Piero Loi

 

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