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Referendum scozzese, gli indipendentisti: “L’Isola non è pronta ma ci arriverà”

Mentre il Regno Unito è in fermento in occasione del referendum per la secessione scozzese previsto per giovedì 18 settembre, gli indipendentisti isolani credono che la Sardegna non sia ancora pronta per un passo del genere, ma non mancano di proiettarsi verso il futuro. “Il tempo non è ancora maturo per una consultazione simile nell’Isola, ma ci si arriverà”. È la convinzione di Irs, Rossomori, Partito dei sardi e Sinistra sarda.

Separati all’interno di due gruppi differenti in Consiglio regionale, i partiti sono pronti a mettere da parte le differenze e unirsi all’interno della coalizione di centrosinistra per dimostrare che la gestione sovrana funziona meglio di uno Stato centrale. L’obiettivo per i prossimi cinque anni sarebbe l’acquisizione di legislatura per gli spazi fiscali, controllo delle servitù militari, sanità, opere culturali e lingua sarda.

In occasione del referendum una delegazione di indipendentisti isolani (tra cui, oltre ai già citati, si contano anche Sni e Psd’Az) si recherà in terra scozzese per portare il proprio messaggio che, come sottolinea Paolo Zedda dei Rossomori, verrà esposto in lingua italiana, inglese e sarda. “In ogni caso gli scozzesi vinceranno: anche se prevarranno i no otterranno comunque strumenti normativi che aumenteranno la loro sovranità”.

“Mentre l’obiettivo di Roma è eliminare l’autonomia e le Regioni a statuto speciale, noi consiglieri indipendentisti diciamo: non se ne parla nemmeno”, ha detto il presidente di Irs, Gavino Sale. “In Europa si sta andando verso quello che ipotizzavamo qualche anno fa. Invece l’autonomia in Sardegna è stata un anestetico e un antidoto all’indipendenza per 50 anni. Siamo consapevoli che al nostro rientro dovremo dare risposte sulla riscrittura dello Statuto e completare l’uscita dal patto di stabilità con l’agenzia sarda delle entrate”.

Emilio Usala dei Rossomori si scaglia invece contro il modello elettorale sardo: “La volontà di autonomia generale è infatti più diffusa di quanto non sia in Consiglio regionale. Questo è dovuto a una legge per il votot totalmente iniqua”.

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