“Porcellum sardo? No, è la difesa del bipolarismo”

La discussa nuova legge elettorale sta per tornare in Consiglio. Il relatore di minoranza Gianvalerio Sanna (Pd) la spiega e la difende. Ma riconosce: “Potrebbero esserci problemi”

Questione di settimane. Forse solo due. Poi la legge elettorale con la quale i sardi voteranno il prossimo anno  torna in Consiglio regionale: c’è da cancellare l’articolo 22, quello ribattezzato emendamento anti-Cappellacci e che impedisce la ricandidatura a un governatore dimissionario. Tant’è: il governo di Enrico Letta l’ha cassato, per incostituzionalità. Ma adesso la domanda è una: quando la legge ripasserà in Aula, quanto potrà essere cambiata? Sardiniapost l’ha chiesto a Gianvalerio Sanna, relatore di minoranza in quota Partito democratico, proprio per questa correzione che «va fatta in fretta – dice –. Diversamente, a febbraio 2014 si rischia di andare votare con le vecchie regole». E su tutto significa avere «il listino dei nominati dal presidente».

Siete pronti per tagliare definitivamente l’articolo 22?

«La commissione Autonomia l’ha già cancellato (appena prima di Ferragosto), ora serve il passaggio in Consiglio».

Tempi?

«Da lunedì prossimo credo che saremmo tutti di nuovo operativi. Poi spetterà al presidente dell’Aula e ai capigruppo fissare il calendario dei lavori».

Visto lo scacchiere elettorale che si sta delineando, con più di due coalizioni in corsa, questa legge elettorale rischia di convertirsi in un Porcellum in salsa sarda.

«Non mi pare. Di certo, è stata tarata su un modello maggioritario, al fine di salvaguardare governabilità e rappresentatività».

Ma con più di due candidati, è molto più probabile l’ingovernabilità.

«Questo può essere. Ma sarebbe una conseguenza degli obiettivi modificati: non più uno schema bipolare intorno al quale costruire il consenso, piuttosto piccole e grandi coalizioni».

Chi l’ha deciso che il modello maggioritario dovesse dominare lo scenario politico dell’Isola?

«La legge è stata frutto di un amplissimo dibattito, prima in commissione poi in Aula. Io credo che il lavoro fatto sia buono, partendo dalle debolezze della precedente norma elettorale».

Con questa nuova, però, entrano in Consiglio regionale solo i due candidati governatore che prendono più voti. Tutti gli altri no.

«Non sarebbe possibile diversamente: si formerebbero minuscole coalizioni col solo obiettivo di distribuire seggi. Io non escludo che nell’immediato ci potranno essere problemi. Magari ci vorrà tempo per ottimizzare gli effetti dello schema bipolare».

Lei è sicuro che ancora funzioni?

«Questo lo decide l’elettorato. Il Consiglio regionale ha seguito il modello maggioritario, perché la politica ha bisogno di grandi semplificazioni, quindi di favorire la concentrazione del consenso su due poli, massimo tre. Specie in un momento come questo, dove il dialogo tra i partiti è pressoché inesistente».

Non è che l’esclusione dall’Aula degli altri governatori apra la strada a un nuova impugnazione per incostituzionalità?

«No, questo rischio non esiste: la legge è già passata al vaglio del Governo, con la sola eccezione dell’articolo 22. È giusto che il candidato presidente sia la sintesi di un ampio raggruppamento, non di se stesso. E ciò sempre in una prospettiva bipolare».

Premio di maggioranza: è del 55 per cento, quando un presidente raccoglie una forbice di consensi tra il 26 e il 40 per cento; è del 60, nella fascia di voti tra il 41 e il 59,9 per cento. Sotto i due estremi, la ripartizione dei seggi è su base proporzionale. Ecco: per fare i conti della serva, il 55 per cento equivale a una differenza di appena tre consiglieri. Non è pochino?

«È compito dei partiti, adesso che si stanno costruendo le alleanze, lavorare per creare le migliori condizioni della governabilità».

Finirà che le forze più piccole terranno sotto scacco le grandi.

«Con scarti di seggi bassi, può succedere. Ma proprio davanti a simili rischi, le rendite di posizione possono essere sventate costruendo nuovi assetti dopo il voto. E sarebbe un piacevole ritorno alla politica. L’assemblea siciliana è un asse di governo deciso a urne chiuse».

Se nella prossima legislatura l’Aula sarà ingestibile, visto il maggioritario in qualche modo spurio, Pd e Pdl dovranno dividersi la responsabilità.

«Che il Governo abbia impugnato la legge elettorale per un solo articolo, è un punto a favore del Consiglio regionale. La storia recente della Sardegna è una somma di ricorsi aperti da Roma, e tutti pesanti. Stavolta abbiamo superato la prova praticamente indenni».

Chi con si allea con Pd e Pdl, la passerà male.

«Questa legge, al contrario, ha accolto le richieste delle forze minori. Se lo schema bipolare fosse stato seguito senza mediazioni, le soglie di sbarramento sarebbe andate ben oltre il 10 per cento fissato per le coalizioni e il 5 imposto ai partiti che corrono da soli. Allora sì che il principio della governabilità non si discuterebbe. Invece si è realizzata un’operazione politica non scontata, recependo diverse esigenze per salvaguardare le differenze».

Perché non è stato previsto il ballottaggio?

«Sempre per via del modello bipolare seguito. Il doppio turno è necessario solo quando si vota coi collegi uninominali».

Salvo intoppi, dal 2014 l’Assemblea sarda sarà formata da sessanta, anziché da ottanta consiglieri. Quali collegi perderanno più scranni?

«Cagliari e Sassari, per ovvie ragioni demografiche».

A differenza del 2009, non farà fede l’ultimo censimento, ma si utilizzeranno dati aggiornati.

«Territori come il Medio Campidano, l’Ogliastra, il Sulcis e la Gallura, infatti, manterranno inalterato il numero di seggi».

Un paradosso, in ogni caso: le nuove Province sono state spazzate via, ma quella divisione resta nella ripartizione elettorale.

«Mantenere otto circoscrizioni è l’unico modo per garantire la massima rappresentatività, come impone il dettato costituzionale».

Quando la legge ripasserà in Aula, quanto si potrà cambiare?

«In teoria non ci sono limiti, la capacità emendativa del Consiglio è sovrana. Si tratta semmai di valutare l’opportunità politica».

Cioè?

«La nuova legge elettorale è statutaria: significa che può essere promulgata solo dopo tre mesi. Si vota a febbraio 2014, siamo a un passo da settembre. Bisogna fare una scelta di campo, ponderando appunto la modalità emendativa: va deciso se andare alle urne ancora con il listino del presidente».

Lei da che parte sta?

«Finora, univocamente, si è detto quanto la politica dei nominati sia una vergogna. Peraltro: ci sarebbe pure il rischio di un superamento tecnico dei seggi, superando quota sessanta. L’altra opzione è il nuovo percorso, ma va chiuso in fretta. Coi tempi siamo sul filo».

Le donne non hanno speranza, a ben vedere: la doppia preferenza di genere resterà definitivamente fuori.

«Sul tema è stato presentato un ricorso, non accolto dal Governo. La legge elettorale sarda anche su questo fronte ha seguito il dettato costituzionale, secondo il quale la parità di genere va favorita, ma non realizzata attraverso la norma stessa. Questo, semmai, spetta ai partiti, con le candidature: nelle liste andrà costruito il giusto l’equilibrio tra presenza maschile e femminile».

Alessandra Carta

 

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